In Italia, il fico d'India è coltivato principalmente in Sicilia su una superficie che supera i 3500 ettari. La maggior parte della produzione è commercializzata in Italia, mentre la restante parte viene esportata in paesi europei e in Canada, dove viene consegnata via aerea. I frutti vengono commercializzati immediatamente dopo la raccolta e i trattamenti post-raccolta e le procedure di manipolazione sono piuttosto semplici.
All'arrivo al magazzino di confezionamento, i frutti vengono scaricati sulle linee di imballaggio e spostati attraverso una serie di spazzole in condizioni asciutte per rimuovere le spine e aumentare la lucentezza della buccia sfregando sulla cera epicuticolare. La frutta viene quindi smistata e confezionata a mano in contenitori monostrato sistemati in cassette di plastica o di cartone e via per la commercializzazione.
Nonostante l'elevata deperibilità e la suscettibilità alle lesioni da freddo, i frutti mantengono una buona freschezza e le perdite per decadimento sono insignificanti, grazie al breve intervallo di tempo tra la raccolta e il consumo.
La domanda di fichi d'India è in costante aumento, soprattutto dopo la stagione di raccolta; pertanto, per soddisfare la domanda fuori stagione di frutta fresca nel prossimo futuro, l'industria dei fichi d'India necessita di sviluppare trattamenti e tecnologie post-raccolta idonei per mitigare i danni da raffreddamento nella frutta destinata alla conservazione a lungo termine.
Inoltre, per aumentare il volume delle vendite in nuovi mercati, le misure di quarantena per impedire l'ingresso e la diffusione di parassiti economicamente importanti, come la mosca mediterranea (Ceratitis capitata), devono essere raggiunte e garantite quando richieste.
Le varietà di fico d'India italiane più coltivate sono Gialla o Sulfarina, Bianca o Muscaredda e Rossa o Sanguigna. La Gialla è la più diffusa per la sua alta produttività e buona adattabilità ai metodi di coltivazione intensivi; la Bianca è apprezzata per il suo sapore particolare, mentre la Rossa è particolarmente attraente per il colore rosso porpora intenso della buccia e della polpa, conferite dagli alti livelli di betaxantine e betacianine.
Anche se prevale la coltivazione della Gialla, la tendenza degli agricoltori è quella di coltivare le tre cultivar nello stesso frutteto, mentre spesso i magazzini di confezionamento inseriscono negli stessi vassoi frutti di Gialla e alcune di Bianca e Rossa per fornire al mercato un prodotto di grande impatto cromatico.
Nonostante l'importanza economica di queste tre cultivar, gli studi post-raccolta in Italia si sono concentrati principalmente sulla Gialla e sui regimi di temperatura tipici dei protocolli di conservazione a freddo per i prodotti freschi, ma non così bassi come quelli richiesti per i trattamenti di quarantena a freddo.
"Nonostante l'Italia sia seconda solo al Messico per la produzione fresca di fichi d'India in tutto il mondo, la manipolazione e i trattamenti post-raccolta sono piuttosto semplici, essendo la frutta immediatamente commercializzata dopo la raccolta. Tuttavia, poiché la domanda di frutta fresca dopo il periodo di raccolta è in costante crescita, nel prossimo futuro l'industria del fico d'India dovrà probabilmente adottare trattamenti e tecnologie post-raccolta che possano ampliare la finestra commerciabile", spiegano i ricercatori del CNR di Sassari e di Agris Sardegna.
"Il potenziale raggiungimento di nuovi mercati in paesi, in cui l'introduzione di parassiti come la mosca mediterranea è considerata rischiosa, può essere raggiunta solo se i frutti sono sottoposti a protocolli di quarantena approvati. Pertanto, è stato condotto uno studio per capire il comportamento post-raccolta delle tre principali varietà italiane sottoposte a trattamento di quarantena a freddo (3 settimane a 2°C) seguito da o 1) una settimana in condizioni di commercializzazione simulate a 20°C oppure 2) due settimane di conservazione a 8°C prima del trasferimento a condizioni di commercializzazione simulate a 20°C per tre giorni".
"Queste condizioni di conservazione, lo ricordiamo, non sono finora praticate dai magazzini di confezionamento, in quanto i frutti sono commercializzati immediatamente dopo la raccolta, ma potrebbe diventare un protocollo tipico nel caso in cui la frutta debba essere venduta in paesi che richiedono trattamenti di quarantena a freddo approvati".
I risultati hanno mostrato un aumento anomalo dell'attività respiratoria e dei tassi di produzione di etilene dopo il trasferimento dalla conservazione a freddo a 20°C, soprattutto dopo le due settimane aggiuntive di conservazione a 8°C. I disordini fisiologici della buccia e l'incidenza di decadimento qualitativo sono stati lievi alla fine dello stoccaggio a 2°C o 8°C, mentre gravi disordini della buccia si sono sviluppati quando i frutti sono stati spostati a 20°C. Danni alla buccia, incidenza di decadimento qualitativo, perdita dell'aspetto generale con il trasferimento a 20°C sono risultati più gravi nei frutti conservati per altre due settimane a 8°C.
Tra le tre cultivar, la suscettibilità a danni da freddo e al decadimento più elevata è stata osservata in Bianca. Tuttavia, la conservazione a freddo sembra non influenzare la qualità chimica e sensoriale del frutto, i cui cambiamenti sono stati simili in tutte le cultivar.
"Sulla base di questi risultati, solo Gialla e Rossa sembrano in grado di sopportare un trattamento a freddo da quarantena, tuttavia i frutti subito dopo dovrebbero essere immediatamente commercializzati, poiché non è possibile anche per queste due cultivar tollerare un'ulteriore esposizione a basse temperature - concludono i ricercatori - Ulteriori studi si dovranno condurre per individuare trattamenti post-raccolta in grado di mitigare i danni da raffreddamento prima di effettuare trattamenti di quarantena a freddo e per chiarire se i danni e la suscettibilità al decadimento possono essere ridotti quando la frutta viene trasferita dalla conservazione in cella a temperature più elevate".
Fonte: Salvatore D’Aquino, Daniela Satta, Luciano De Pau, Amedeo Palma, 'Effect of a cold quarantine treatment on physiological disorders and quality of cactus pear fruit', 2019, AIMS Agriculture and Food, Vol. 4(1), pag. 114-126. doi: 10.3934/agrfood.2019.1.114