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Mandorlicoltura: tra diversificazione del reddito e bonifica del territorio

C'era una volta... il primato della mandorlicoltura italiana. Potrebbe iniziare così l'ennesimo racconto di un errore storico: alla ricerca di un reddito immediato, si espiantarono colture tradizionali del nostro patrimonio agricolo, stravolgendo il paesaggio delle campagne.

"L'Italia, nell'immediato dopoguerra e fino agli anni Settanta - spiega l'agronomo Calogero Insalaca - deteneva il primato nella produzione mondiale delle mandorle. Oggi importiamo i due terzi di quello che serve per soddisfare le crescenti necessità delle nostre aziende dolciarie e alimentari".


Sopra: esempio di un mandorleto antico, non adeguato alla raccolta meccanizzata

"Una volta, la mandorla veniva utilizzata quasi esclusivamente nella preparazione di tipici dolci tradizionali e nella confetteria - continua l'esperto - mentre oggi è diventata un alimento funzionale sempre più consumato nel mondo proprio grazie alle sue proprietà nutraceutiche".

Ciò che ha contribuito al successo planetario della mandorla è certamente dovuto alla presenza su Internet di migliaia di siti che si occupano di corretta alimentazione, salutismo e veganesimo.



"La domanda di mandorle sta diventando molto sostenuta - dice ancora Insalaca - anche in grandi e popolose nazioni come Cina e India che, per ragioni climatiche, non possono pensare di produrle. Finora i Paesi che stanno beneficiando di questo successo sono Usa (California), Spagna, Turchia e diversi altri Paesi del bacino del Mediterraneo, mentre l'Australia si sta prepotentemente inserendo".

E' ben noto che il primato californiano, con il suo 80% sull'export mondiale, condiziona il mercato internazionale. L'inarrestabile ascesa californiana è iniziata negli anni Settanta, proprio quando in Italia (prima in Puglia e poi in Sicilia) si estirpavano diverse decine di migliaia di ettari di mandorleti per far posto ai tendoni di uva da tavola in irriguo, che garantivano redditi molto più elevati.

"Il segreto dell'affermazione statunitense sta nell'aver creduto - specifica il tecnico - nelle elevatissime potenzialità produttive di alcune nuove varietà a guscio tenero, coltivate in irriguo e raccolte a macchina. L'abbattimento dei costi di produzione, unitamente alla standardizzazione e alla notevole disponibilità di prodotto, hanno fatto sì che il prodotto californiano conquistasse e mantenesse una situazione di egemonia. Recentemente, però, il panorama mondiale sta cominciando a cambiare, mentre prosegue forte la crescita della domanda e particolarmente del prodotto biologico".



In Italia, pur in presenza di un forte impulso nella realizzazione di nuovi impianti, si sconta la presenza di mandorleti vetusti, non irrigui e non meccanizzabili, che hanno produzioni per ettaro molto basse e costi decisamente alti. Nonostante tutto, la Sicilia detiene ancora il 60% circa della produzione nazionale.

Nell'Isola si sta registrando un palpabile ottimismo con l'introduzione della raccolta e smallatura meccanizzate. Con le nuove macchine a ombrello rovescio raccoglitrici-smallatrici (foto sopra) di ultima generazione, è possibile portare in magazzino (per l'asciugatura meccanica) il frutto di due-tre ettari di mandorleto al giorno. Risolvere il problema della raccolta e smallatura, grazie anche alla presenza dei contoterzisti, si sta rivelando di enorme importanza per il futuro della mandorlicoltura italiana.



In Sicilia, dove il mandorlo è di casa fin dall'antichità, le condizioni pedoclimatiche ottimali aprono prospettive interessantissime, perché si potrebbero mettere a coltura estensioni molto importanti, non solo laddove si voglia diversificare il reddito, ma anche dove vi è un drammatico bisogno di recuperare scempi ambientali, come quelli dovuti alla serricoltura dismessa.


L'Agronomo Calogero Insalaca con un mandorlo "Tuono" di 5 mesi. Sicilia, maggio 2017.

In tal senso sui terreni vicini al mare, con le dovute tecniche agronomiche, è possibile ricavare un reddito, oltre che effettuare un'opera di bonifica paesaggistica.

Pratiche agronomiche in mandorlicoltura e redditività presunta

"A mio parere, essendo il mandorlo proponibile sia in coltura irrigua che asciutta - continua Insalaca - essendo anche molto adatto alla coltura in biologico, ma anche in considerazione della sempre più evidente inaffidabilità economica di tante altre colture sia erbacee che arboree, si potrebbe consigliare l'impianto di un mandorleto a tutte le aziende agricole siciliane. L'unico limite reale è la natura eccessivamente argillosa del terreno. Il problema, però, è in buona parte risolvibile nei terreni irrigui, eseguendo preventivamente all'impianto la cosiddetta baulatura del terreno".

A proposito della preziosa risorsa idrica, si può e si deve fortemente sottolineare che il mandorlo è una pianta abbastanza aridoresistente. Parlando quindi di irrigazione, si intendono volumi idrici molto contenuti rispetto ad altre colture sia arboree che erbacee.

"Per esempio, irrigando con cento litri d'acqua ciascuna pianta per dieci settimane nel periodo da maggio a luglio - calcola l'esperto - avremo fornito mille litri che, moltiplicando per 400 piante di mandorlo a un sesto medio di metri 5 x 5, corrispondono a 400 metri cubi. Per chi è del mestiere i conti sono presto fatti, perché stiamo parlando di circa un decimo rispetto ai volumi irrigui di un ettaro di agrumeto, di pescheto o di uva da tavola e di varie tipologie di ortaggi etc.".

Rapporto costo-beneficio.
"Per quanto riguarda il conto economico del mandorleto - stima Insalaca - si può dire che nella realizzazione di un nuovo impianto, partendo da piante innestate di due anni (astoni), si raggiunge il pareggio di tutte le spese sostenute mediamente al quarto/quinto anno, in quanto a partire dal terzo si iniziano a percepire degli utili".


Sopra: una varietà di mandorlo impiantato nel 2014 nella zona di Agrigento. Sicilia, agosto 2017.

"A partire dal sesto anno, che in irriguo può significare già la piena produzione, il reddito netto per ettaro si assesta mediamente a circa 7/8mila euro - calcola ancora lo specialista - ipotizzando un prezzo medio basso di 1,50 euro/ Kg di prodotto smallato. Nel caso di produzione biologica, il prezzo aumenterebbe di circa un terzo".

"Si deve rimarcare come l'impianto di un nuovo mandorleto - conclude Calogero Insalaca - viene a costare appena tra i 4/5mila euro per ettaro, comprensivi delle spese di gestione e coltivazione di tutto il primo anno. Le spese annuali di produzione comprensive della raccolta meccanica e asciugatura si attestano intorno a 2.500 euro ettaro. Completando la filiera, si potrebbe ottenere anche la trasformazione del prodotto, con un prezzo decisamente maggiore".