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"Granata: "Sostenibilita' vera". Bastoni e Garbuglia: "Obiettivo Asia"

Pere italiane nel mondo, la sfida parallela di Opera e Origine Group

Primo faccia a faccia pubblico ieri, 19 novembre 2015, a Futurpera (cfr. articolo correlato) tra le due maxi aggregazioni, Opera e Origine Group, costituite nei mesi scorsi per rilanciare la filiera pericola.



Al termine della sessione del mattino di Interpera - il convegno internazionale organizzato da Areflh, l'Assemblea delle regioni ortofrutticole europee - Luca Granata, direttore di Opera, e Ilenio Bastoni con Alberto Garbuglia, rispettivamente presidente e consigliere delegato di Origine Group, hanno messo le carte in tavola. In alcuni casi incredibilmente simili, in altri quasi agli antipodi.

Ha iniziato Granata, parlando di "sostenibilità vera" (non solo ambientale, ma anche economica e sociale) della coltivazione del pero nelle aziende agricole dei soci. Come? "Attraverso un'attenzione incessante alla qualità - ha detto il manager - Sia del prodotto che del processo e dell'ambiente in cui lavoriamo. Ma anche generando sempre maggiori vantaggi per le persone che sceglieranno i frutti da noi coltivati, per i nostri clienti e i nostri soci e collaboratori".



Nel 2015 i soci di Opera hanno raccolto quasi 207mila tonnellate di pere, la metà delle quali, oltre 103.400 ton, della varietà Abate. Poi Williams (più di 52.500 ton), Conference (quasi 17.000), Kaiser (circa 12.000) e via via le altre. L'anno scorso i soci di Opera - ancora separatamente - hanno commercializzato il 77% della loro produzione in Italia, il 21% in Europa e solo il 2% in Paesi extra-UE. "Ma dai primi dati - ha osservato Granata - quest'anno l'export è già salito al 30%".

Nei prossimi cinque anni Opera vuole diventare il partner ideale dei migliori distributori mondiali di pere, puntando sulla qualità dei prodotti e dei servizi forniti, sull'ampiezza dell'offerta e, soprattutto, sull'elevata specializzazione. Per fare ciò, si deve mantenere un focus costante su sicurezza alimentare, innovazione di prodotto e di processo, sviluppo dell'export (sia nelle destinazioni storiche che verso nuovi mercati) e, parole di Granata, "ricercando alleanze e collaborazioni sempre più ampie con tutti gli operatori della filiera che condividano la nostra visione".



A proposito di innovazione di prodotto, poi, Granata ha anticipato l'acquisizione di cinque varietà in esclusiva per l'Europa. In particolare, 10.000 piante della Sel. 6485 saranno messe a dimora entro l'inverno per poi procedere con i consueti test, dal campo alla tavola.

Gli obiettivi che si è posto Origine Group, al momento per pere e kiwi, riguardano lo sviluppo di nuovi mercati, il monitoraggio di varietà innovative, la distintività attraverso politica di qualità, comunicazione e marca e la gestione del destoccaggio per evitare possibili perdite di valore.



"Essere un modello multiprodotto, ma anche una piattaforma in grado di migliorare l'efficienza delle imprese associate e una voce unica davanti alle Istituzioni; il tutto con costi consortili pari a 0,001 euro il chilo". Questi i punti di forza di Origine che il presidente Bastoni ha messo sul piatto prima di passare la parola ad Alberto Garbuglia per parlare concretamente di attività presenti e future.

Portare l'eccellenza italiana nel mondo, valorizzare il prodotto grazie al marchio, avvicinare nuovi consumatori e rendere il sistema efficiente tramite una maggiore informazione: sono queste le priorità del Gruppo che non nasconde la sua vocazione per l'export nei mercati lontani. A cominciare dall'Asia, "una destinazione che, se è importante per le pere prodotte in Sudafrica e Argentina, può esserlo anche per le nostre".

A patto che, secondo Garbuglia, si riconverta la produzione anche in funzione dei mercati che si vogliono raggiungere. Smettendo di credere che non si possa esportare pere nei Paesi grandi produttori. L'esempio dei kiwi italiani importati dalla Cina, sebbene essa sia il primo produttore del globo, è lampante.



Origine riparte dal lavoro impostato dal Consorzio Pera Italia, con l'ingresso di nuovi soci e il rilancio di politiche commerciali che hanno già portato, ad esempio, al restyling del marchio. Il "Made in Italy" è pregnante? Ecco allora che le tre foglioline verdi sono diventate tricolore (vedi slide qui sopra).

Extra convegno: il backstage con FreshPlaza
Nessun confronto, nessuna provocazione. Solo il desiderio di capire meglio.

A conclusione lavori, l'intervista ad Alberto Garbuglia svela come le pere non debbano soffrire di complessi nei confronti delle mele. Vale a dire, "se le mele europee vanno ovunque, le pere possono fare altrettanto. Negli ultimi anni abbiamo pensato solo a un mercato (quello europeo, nda), mentre i nuovi orizzonti possono dare la spinta per fare il balzo in avanti".

Lo stesso vale per l'innovazione varietale: a parte due-tre novità, è possibile nel 2015 ragionare ancora sulle stesse varietà? Niente a che vedere con la vivacità espressa dal comparto mele.

"Come per il kiwi rosso - ha concluso Garbuglia - miriamo ad acquistare i diritti di nuove varietà di pere da gestire in forma di club".

Al centro della conversazione con Luca Granata, invece, l'importanza della aggregazione. "La priorità è raggiungere il 51%. O si diventa abbastanza grandi da avere peso e cambiare le cose o non vince nessuno. Controllare il 10-15% piuttosto che il 27% della produzione nazionale è sempre poco. La dimensione serve a dare redditività nel tempo, ma anche ad esportare meglio".

"Per questo siamo aperti alle alleanze strategiche, a Copparo, qui vicino, in Belgio o in Argentina. Ma - ha sottolineato Granata - l'aggregazione tra produttori richiede un elemento, la fatturazione centralizzata".

"Sono andato a parlare di aggregazione in Sudafrica, in Norvegia e in Russia e ho trovato analogie sorprendenti. Le differenze? Dettagli". Per chiudere: "Mi sembra che in molte parti del mondo ci siano agricoltori che preferiscono perdere da soli piuttosto che guadagnare in compagnia". E non deve essere questo il futuro delle pere e nemmeno dell'ortofrutta made in Italy.