Il Coronavirus è solo l'ultimo dei problemi, in ordine cronologico, dell'agrumicoltura arancicola siciliana, che combatte ormai da molti anni con il fenomeno della Tristeza (CTV).
Maurizio Ialuna
Il vero problema, nel tempo, è dato dalle quantità sempre più ridotte, a causa del virus degli aranci che sta decimando le produzioni siciliane. La resa, quest'anno, ha subito una flessione di almeno il 20% rispetto all'anno scorso. Solo negli ultimi 10 anni, la Sicilia ha perso qualcosa come 15.000 ettari, ma per fortuna i produttori hanno avviato un percorso di espianto e reimpianto con diversificazione varietale per far fronte al fenomeno.
Una pianta tagliata nottetempo per mano di ignoti
Molte le aziende sul territorio che hanno dedicato importanti investimenti alla riconversione, a tutela dell'economia agrumicola, ampliando il calendario produttivo. Purtroppo, però, continua a piovere sul bagnato per i produttori siciliani di arance i quali, nell'intento di sfuggire alla morsa del CTV, si sono indebitati per far fronte al reimpianto di aranceti con portinnesti moderni tolleranti al virus.
A complicare la situazione, è subentrata l'opera di vandali che nottetempo e a più riprese negli ultimi tre anni, nella zona di Mineo (CT), hanno letteralmente tagliato le piante giovani di diversi aranceti. Perché?
Sopra. Con le piante sono stati danneggiati anche gli impianti di irrigazione, con un aggravio sul bilancio delle perdite.
L'ultimo episodio risale a qualche giorno fa ed è stato denunciato da Maurizio Ialuna, produttore agrumicolo, il quale ha documentato la distruzione di circa sei ettari di impianti giovani di proprietà di diversi agricoltori della zona. I danni ammonterebbero a oltre 100mila euro per appezzamenti che sarebbero dovuto entrare in produzione fra tre anni.
Sopra: uno degli agrumeti interessati, liberato dalle tracce della devastazione "perché era uno scempio alla vista". Il proprietario, emotivamente coinvolto, ha reagito bonificando l'intero appezzamento.
"Il ripetersi di questo triste fenomeno – ha dichiarato Ialuna – impoverisce non solo chi subisce il danno in prima persona, ma inficia lo sviluppo economico di un territorio che già non versa in condizioni ottimali. Noi produttori siamo fortemente scoraggiati nel reinvestire in questo settore, perché non ci sentiamo più sicuri. Non solo abbiamo dovuto affrontare ingenti spese per la riconversione dei vecchi agrumeti, arginare gli effetti delle avversità climatiche, subire una politica dei prezzi talora iniqua, ma dobbiamo patire anche questo genere di dispiaceri! Tra i produttori della Piana di Mineo si è ormai diffusa una vera e propria psicosi; la paura fra noi è evidente e chiediamo l'intervento delle Istituzioni".
"Nessuno tra i produttori presi di mira da ormai tre anni a questa parte – ha chiarito l'imprenditore – ha mai ricevuto delle richieste estorsive o subito atti intimidatori e non ci spieghiamo la ragione di tanta viltà".