Alla scoperta delle eccellenze della pataticoltura abruzzese
La zona di produzione della rinomata "muntagnola" ricade nei territori della comunità medio Sangro in provincia di Chieti, in particolare nei comuni di Pizzoferrato, Gamberale e Civitaluparella (alcune aree sono comprese anche nel Parco della Miella).
Lo sviluppo in questo comprensorio di un turismo naturalistico molto interessato ai prodotti locali cosiddetti di "fattoria" sta facendo conoscere oltre regione il tubero prodotto in piccole aziende familiari, a quote che vanno dagli 800 ai 1400 metri.
Dèsirèe e Kennebec sono le varietà maggiormente coltivate, a buccia rossa e polpa gialla la prima, a buccia gialla e pasta bianca la seconda. Entrambe prevalentemente di forma tondo-ovale regolare, vengono messe in rotazione alternando cereali e prati. Per lungo tempo la patata ha rappresentato un alimento base della dieta dei contadini in questa zona. Spesso la polpa veniva aggiunta durante la preparazione del pane e della polenta e ancora oggi è ingrediente fondamentale dei frascarielli, un tipico prodotto locale.
Le patate degli altipiani d'Abruzzo vengono coltivate prevalentemente sull'altopiano del Fucino, ma sporadicamente anche su quelle delle Rocche e di Navelli, nonché nella zona di Montereale, della Vallelonga, tutte località in provincia dell'Aquila. Ai 700 metri e oltre di altitudine del Fucino dove il tubero ha trovato le condizioni pedo-climatiche molto favorevoli e la produzione media ad ettaro raggiungono e superano le 40 tonnellate. Qui si concentra più del 50% della superficie regionale coltivata a patate.
Di forma tondo-ovale regolare, la buccia è prevalentemente chiara, in alcune varietà anche rossa, il colore della pasta varia da un giallo chiaro a un giallo deciso. Le varietà più coltivate sono: Agria, Sirco, Agata, in passato invece erano diffuse Dèsirèe e Draga. L'Agria si sta dimostrando la migliore per le elevate produzioni e per la trasformazione industriale.
Ed ora fari puntati sulla "fata" delle patate d'Abruzzo: la Turchesa (vedi articolo precedente). Un'antica varietà culturale un tempo diffusa nelle aree alto-montane del Gran Sasso e dei Monti della Laga e ai giorni nostri quasi del tutta scomparsa, è stata salvata in extremis grazie a un progetto del 2001 di recupero e valorizzazione dell'ente Parco.
Gli ultimi esemplari di patata viola sono stati recuperati da un anziano agricoltore di S. Pietro di Isola del Gran Sasso, che conservava ancora 33 dei preziosi tuberi. Successivamente è stato possibile reperire qualche esemplare della stessa varietà a S. Giorgio di Crognaleto. Un tubero salvato, quindi, per merito della sinergia tra contadini e addetti al servizio agro pastorale del parco.
La patata turchese si caratterizza per la buccia di colore viola intenso contenente una notevole quantità di sostanze antiossidanti paragonabili a quelle presenti nel cavolo, una pasta bianca, un basso contenuto in acqua e una forte resistenza ai parassiti. Le analisi qualitativo-sensoriali effettuate in laboratorio hanno evidenziato un elevato contenuto di sostanza secca e di amido, una consistenza e granulosità medie. Peculiarità, queste, che la rendono adatta a diversi usi e cotture, anche se risulta particolarmente squisita cotta sotto la cenere o utilizzata per la preparazione degli gnocchi.
Peccato che occorrerà un po' di tempo prima di avere la possibilità di assaggiarla; per il momento è affidata ai cosiddetti "agricoltori custodi" per sperimentazioni. Le eccezionali caratteristiche organolettiche e di conservazione, merito della qualità della terra e del clima dell'Abruzzo montano, rendono uniche queste tre patate capaci con la loro bontà di mandare in visibilio il palato di grandi e piccini.