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La frutta a guscio tra criticità e potenzialità

Castagno e noce, e più in generale la frutta a guscio, sono i protagonisti dell'incontro che si è svolto ieri 23 maggio nell'ambito del Festival dell'Economia di Trento e organizzato dalla Fondazione Edmund Mach.

Presso la Sala Calepini della Camera di Commercio, con la moderazione di Silvia Marzialetti, giornalista Radiocor, è stato fatto il punto sull'attuale prospettiva di mercato della frutta a guscio, anche alla luce degli sviluppi sulla valorizzazione di questo settore offerti dalla ricerca, in particolare in ambito regionale.

Sono intervenuti Giuseppe Calcagni, presidente del Comitato Sostenibilità, Scientifico e Affari Governativi dell'International Nut and Dried Fruit Foundation Council, il Consiglio Internazionale della Frutta Secca e Frutta Disidratata che raggruppa oltre 700 operatori di frutta secca e frutta essiccata in tutto il mondo, le ricercatrici della Fondazione Mach Luisa Palmieri ed Erica Di Pierro, il collaboratore scientifico del Centro Sperimentazione Laimburg, Giacomo Gatti.

Giuseppe Calcagni in collegamento

"In Italia c'è spazio per produzioni di ottime noci locali e tradizionali, nonché per aprire a maggiori produzioni di mandorle e pistacchio. I consumi nazionali sono molto importanti, essendo l'Italia uno dei maggiori paesi consumatori europei" ha affermato Giuseppe Calcagni illustrando la situazione del comparto della frutta a guscio a livello nazionale.

La coltivazione del noce in Trentino e il contributo della ricerca nella valorizzazione e caratterizzazione delle risorse locali è stato affrontato dalla ricercatrice FEM Erica Di Pierro (nella foto a destra), che ha messo in luce l'attività di ricerca condotta da FEM per valorizzare la noce del Bleggio. "La coltura del noce da frutto in Trentino caratterizza il paesaggio locale e l'identità culturale - ha spiegato - La ricerca evidenzia che le varietà locali offrono una preziosa diversità genetica e proprietà qualitative, cruciali per un mercato di prodotti tipici e di alta qualità".

Le opportunità della coltivazione del castagno in Trentino sono state al centro dell'intervento della ricercatrice Luisa Palmieri (nella foto a destra). "Il castagno e la sua filiera - ha detto - rappresentano una risorsa importante per il territorio nazionale e locale che va sostenuta e innovata. Nonostante le sue problematiche, rimane un patrimonio colturale e culturale in grado di fornire un reddito accessorio interessante e un bene paesaggistico unico nel suo genere". Quinta essenza arborea presente sul territorio per densità di superficie considerando le piante coltivate e quelle presenti in ambiente boschivo, solo nella provincia di Trento il settore castanicolo coinvolge circa 1600 produttori.

La FEM, in stretta collaborazione con la filiera castanicola locale, con altre realtà produttive e scientifiche nazionali e internazionali, sta lavorando da diversi anni in questo settore al fine di garantirne e migliorarne la produttività e di arginare le problematiche.

Giacomo Gatti del Centro Sperimentazione Laimburg (nella foto a destra), che sta studiando le strategie di conservazione del castagno, si è occupato della sperimentazione a favore dei castanicoltori per affrontare cambiamento climatico e richieste di mercato illustrando l'esperienza in Alto Adige.

"Come tante altre colture - ha spiegato Gatti - anche il castagno non è esente dagli effetti del cambiamento climatico: questo ha comportato negli ultimissimi anni una recrudescenza di patologie già note ma considerate minori. Contenerle è possibile anche senza trattamenti in campo ma per fare ciò è necessario che la catena del freddo venga mantenuta dalla raccolta sino al consumo, coinvolgendo quindi tutti gli anelli della filiera, inclusi i commercianti e gli acquirenti finali. Se il clima cambia anche noi siamo chiamati a cambiare le nostre abitudini. Il castagno è un frutto fresco, e non secco, e come tale va trattato".

Data di pubblicazione: