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I commenti di due operatori del Sud Italia

L'Europa vieta l'ingresso di agrumi argentini fino al 30 aprile 2021

E' arrivata in data domenica 16 agosto 2020 la decisione unilaterale dell'Unione europea di vietare temporaneamente l'ingresso di agrumi argentini, in particolare limoni e arance, al fine di impedire l'introduzione e la diffusione nell'Unione di Phyllosticta citricarpa (McAlpine) Van der Aa, l'agente della "macchia nera" (CBS-Citrus Black Spot) degli agrumi. La misura sarà effettiva per il resto della stagione, fino al 30 aprile 2021.

L'UE è il mercato principale per gli agrumi argentini. Nel 2019, l'Unione ha importato 171.872 tonnellate di limoni, arance, mandarini e pompelmi. In valore, solo i limoni venduti in Europa l'anno scorso hanno rappresentato un fatturato di 296 milioni di dollari, come riporta ICE Buenos Aires.


Fonte: USDA

Il divieto di esportazione di limoni verso l'UE che l'Argentina si era imposta il 1° luglio non ha sortito l'effetto desiderato, in quanto di recente sono state intercettate partite di arance colpite da CBS. A seguito del divieto in vigore dal 16 agosto, l'UE condurrà una verifica del sistema di garanzia fitosanitaria per la coltivazione degli agrumi in Argentina all'inizio del 2021. In base al risultato, potrebbe decidere di rinviare la fine delle restrizioni a data da destinarsi. 

L'esportazione di limoni dall'Argentina si è completamente arrestata. Le spedizioni effettuate dopo il 1° luglio 2020 non saranno più accettate. Le spedizioni di arance sono ancora accettate fino al 4 settembre.

Il commento di due operatori italiani
"Sono vicino ai produttori argentini, ma non nego che la decisione presa dall'UE abbia un risvolto positivo: quello di far apprezzare il limone Verdello italiano, ad esempio. Il consumatore finale potrà apprezzarne il colore della buccia e le caratteristiche organolettiche, senza farsi abbagliare dal prodotto a buccia gialla di origine estera", commenta Giovanni D'Agati, presidente del Consorzio siciliano "Il Tardivo di Ciaculli".

"Non è sulle disgrazie altrui che bisogna sperare. L'agrumicoltura italiana, e mi riferisco a tutto il centro-sud Italia, deve dimostrare di saper offrire la qualità adeguata, sviluppando strategie di marketing e comunicazione alla stregua di altre nazioni europee".

Secondo D'Agati, sui mercati esteri la Spagna potrebbe far valere la sua posizione dominante, considerando le grandi superfici dedicate agli agrumi. "Questo per noi non deve rappresentare un ostacolo, bensì uno sprone a qualificare al meglio il già tanto amato made in Italy".

Maria Malagrinò della calabrese Fruttone Bio crede che, indirettamente, il comparto agrumicolo italiano potrebbe trarne beneficio. "Se pensiamo che lo scorso anno le importazioni europee di agrumi dall'Argentina hanno superato le 170mila tonnellate, una buona fetta del mercato europeo potrà essere coperta dai prodotti italiani. Non va però sottovalutata la presenza delle produzioni di Sudafrica, Uruguay, Brasile e Tunisia".

Il bacino del Mediterraneo non è, purtroppo, indenne da problemi fitosanitari, come sottolinea Malagrinò. "Basti pensare alla diffusione del patogeno in Tunisia. E' necessario assicurare la reciprocità: le importazioni ortofrutticole devono offrire le stesse condizioni di sicurezza richieste al prodotto europeo all'estero. Se i Paesi che spediscono i loro prodotti verso il mercato UE non sono in grado di garantire l'assenza di malattie o di insetti nocivi, e questo viene dimostrato attraverso più intercettazioni di partite infette, le importazioni provenienti da quei Paesi devono essere bloccate".

Considerata anche la scarsa qualità e lo stesso problema presente negli agrumi di altre nazioni extra-UE, Malagrinò si augura che "il mercato risponda in maniera positiva, prediligendo le produzioni italiane, che sono sempre sinonimo di sicurezza per i consumatori". 

Infine, sul predominio spagnolo in ambito agrumicolo sui mercati esteri, la responsabile della Fruttone Bio dichiara: "La Spagna ha già un buon posizionamento. In questo lasso di tempo, credo che l'Italia debba obbligatoriamente imporsi sul mercato, proponendo l'alta qualità dei suoi prodotti. E' il momento giusto".

"In particolare, l'Italia deve difendere i suoi confini, deve chiedere l'immediato blocco anche delle esportazioni provenienti dalla Tunisia: nel caso in cui questa fitopatia si diffondesse sul territorio italiano, infatti, provocherebbe danni irreparabili al patrimonio agrumicolo, mettendo a rischio uno dei più importanti comparti dell'agricoltura nel sud Italia. Ci è già bastata la Xylella", conclude Malagrinò.