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L'Italia in serie B, mentre tutti i nodi vengono al pettine

L'ennesimo insulto per chi ogni mattina si alza di buon'ora e si rimbocca le maniche per creare occupazione e ricchezza, spesso contribuendo alle finanze pubbliche con oltre il 50% dei propri introiti, si è perpetrato un paio di giorni fa, con il declassamento del rating nazionale a tripla B. Proprio il modo migliore per cominciare l'anno nuovo.



Essere classificati BBB significa, banalmente, che l'Italia dovrà riconoscere interessi superiori per quanti vorranno acquistare titoli di Stato nazionali. Ma più concretamente significa che la stima internazionale nei confronti del nostro Paese si è svilita, aprendo la strada a ulteriori manovre speculative al ribasso da parte della finanza mondiale.

A pesare su questo ulteriore ridimensionamento negativo del nostro rating, due componenti: l'incertezza politica e le difficoltà del sistema bancario italiano. Testualmente, l'agenzia di rating DBRS (l'ultima ad aver declassato l'Italia a tripla-B) scrive tra le sue motivazioni: "in seguito al referendum bocciato sulle modifiche costituzionali che avrebbe potuto fornire una maggiore stabilità di governo e le successive dimissioni del primo ministro Renzi, il nuovo governo ad interim può avere minore spazio per ulteriori misure, limitando così il rialzo delle prospettive economiche".

I nodi stanno venendo al pettine
La polvere di politiche dissennate che forse avrebbero potuto reggersi in piedi nell'epoca pre-crisi - ma che dal 2008 in poi sono risultate insostenibili - è venuta fuori, in una colossale nube, da sotto il tappeto dove si era cercato di nasconderla.

Il sistema bancario ha tentato, negli ultimi anni, di rimandare il momento della verità, forse nella speranza che l'economia si riprendesse in tempi più brevi. Il che non è stato. Oggi dunque tutta la sua fragilità sta palesandosi drammaticamente.

Le bolle speculative che hanno dominato la scena nel passaggio dalla Lira all'Euro, in primis l'incredibile gonfiaggio artificiale del mercato degli immobili, sono scoppiate nelle mani non soltanto degli istituti bancari, ma dell'intero Paese. Aperture indiscriminate di linee di credito milionarie a soggetti più o meno vicini ai vertici degli istituti stessi, hanno comportato proprio in questi ultimi giorni un appesantimento del debito pubblico di ben 20 miliardi di euro.

Il tutto in un clima politico dove la polemica sembra essere l'unica cifra stilistica, l'argomento totalizzante che cancella ogni possibile ipotesi riformista.

Rimanere concentrati sull'intraprendenza e sulla proattività, alimentare le speranze per una reale ripresa non solo economica, ma anche civile del nostro Paese, per vedere concretizzato l'enorme potenziale dell'Italia, diventa sempre più arduo, più faticoso, più utopistico.

Eppure dobbiamo resistere e guardare avanti nella speranza, forse vana, di essere prima o poi sorpresi in positivo, invece che sempre in negativo, da coloro che hanno il potere di prendere decisioni strategiche per la nostra comunità e di delinearne il futuro.