Non solo Brexit: l'UE (e l'Italia) alle prese con scenari politici e commerciali sempre piu' complessi
Per FreshPlaza, il forlivese Gianluca Bagnara, economista e consulente, commenta: "Le Borse sono state fin qui i giudici della Brexit. Al momento dell'esito del referendum britannico, a svalutarsi immediatamente è stata la Sterlina, non l'Euro. Segno evidente di chi il mercato ha considerato più debole o più forte in questa situazione. Le conseguenze sono tali, in Gran Bretagna, che il rischio di una secessione inglese appare sempre più concreto. Se la Brexit comporterà la perdita del ruolo della City di Londra quale piazza di elezione per la finanza internazionale, la divisione dalla Scozia comporterebbe una decurtazione del 90% delle entrate fiscali del Paese, essendo il territorio scozzese quello delle risorse petrolifere".
Nel medio termine, inoltre, c'è da fare appunto i conti con l'esito del voto USA, che potrebbe risultare scomodo per la UE (e per l'Italia) sia in caso di vittoria della Clinton, sia in caso di affermazione di Trump. Bagnara sottolinea: "La politica dei Clinton nei confronti dell'area mediterranea è già nota: un'attenzione al mondo arabo che tende a utilizzare Europa e Italia come piattaforma, spesso in funzione di soggetti passivi, più che attivi e protagonisti. Trump invece ha già chiarito la sua posizione di ostilità nei confronti del mondo arabo e il suo interesse a un avvicinamento alla Russia di Putin; il che potrebbe rendere l'UE del tutto ininfluente".
Quel che è certo, per quanto attiene il settore ortofrutticolo, è che la necessità di diversificare i mercati di destinazione (oggi più che mai impellente) può trasformarsi in un boomerang se non gestita con criterio. Bagnara osserva: "I trattati commerciali come il TTIP rischiano di nascere con un vizio di forma e di sostanza che, a posteriori, la politica potrà difficilmente sanare. Parlo della premessa del mutuo riconoscimento e cioè dell'idea che quello che va bene in un dato Paese partner vada bene automaticamente anche per la controparte. Meglio sarebbe stato impostare i trattati sul principio invece della reciprocità: se vuoi fare le cose a casa mia, devi farle secondo le mie regole. Solo questo potrebbe proteggerci da squilibri e prevaricazioni commerciali. Purtroppo, però, quando in una costruzione sono le fondamenta ad essere fatte male, poi è inutile mettersi a discutere sugli arredi".
I mercati asiatici e a quelli africani costituiscono, per il settore ortofrutticolo, alternative certamente interessanti, a patto di comprendere che limitarsi alla spedizione di prodotti non è la strada giusta da seguire: "Questi Paesi - nota Bagnara - chiedono di essere messi nelle condizioni di produrre in loco, importando l'intera filiera, e noi dobbiamo ragionare proprio in questi termini. Tutto quello che facciamo qui da noi, dobbiamo farlo anche là; altrimenti rischiamo di guardare solo alla 'fascia bassa' del mercato potenziale e di inseguire i flussi mutevoli della domanda di derrate, senza mai mettere radici per uno sviluppo più solido e duraturo".