Tempi duri per i carciofi del Coros (Sardegna): anche il clima ha pesato
Sui media locali è stato diffuso un documento redatto dai comuni di Ittiri, Usini e Uri, spedito all'assessore all'Agricoltura Elisabetta Falchi e ai consiglieri regionali componenti la commissione Attività produttive, nonché alle associazioni di categoria, circa la grave crisi della cinaricoltura, che diventa a sua volta dramma economico/sociale per gli agricoltori interessati e per le loro famiglie.
Nei comuni citati, la coltivazione del carciofo è uno dei settori produttivi più importanti. Comprende circa 150 aziende per oltre 600 ettari coltivati a questo ortaggio. Inoltre, è notevole l'indotto economico generato dalla coltivazione perché sono ingenti gli investimenti necessari per coltivare un ettaro di carciofaia: mediamente tra i 5.000 e i 6.000 euro.
Diverse le soluzioni scaturite dai diversi incontri tenuti con i carcioficoltori per superare le attuali difficoltà e dare prospettive al settore. Tra quelle che hanno trovato maggiore condivisione, proseguire con la coltivazione dello "Spinoso Sardo" con produzioni qualificate (DOP) e di alta qualità; ripartire con la selezione massale sull'ecotipo locale, che ha una risposta ambientale superiore sia ai cloni Agris sia al materiale micropropagato diffuso nell'area; andare alla ricerca di nuovi mercati; studiare e valutare la possibilità di avviare all'industria di trasformazione il prodotto in eccesso, "respinto" dal mercato del fresco.
Il 2015 è stata un'annata pessima per la coltivazione del carciofo: dopo un inizio dove le primizie hanno registrato un buon andamento, il caldo eccessivo e il lungo periodo di siccità hanno influito sulla coltura, accelerando la crescita dei carciofi, con conseguente aumento vertiginoso dell'offerta di prodotto sul mercato e abbattimento del prezzo del carciofo reso al produttore.
Inoltre, con il perdurare della siccità, si corre il rischio di rimanere senz'acqua per irrigare i campi in vista della nuova annata. Infatti, allo stato attuale, non è possibile fare previsioni. A questo si sommano la mancanza di aiuti al settore ortofrutticolo, l'assenza di forme di tutela, l'elevato costo delle polizze assicurative che coprono soprattutto i danni causati dalle gelate e che però non tutelano dalla siccità.