L'evoluzione della coltivazione del mirtillo è stata talmente rapida, favorita dalla tecnologia, e l'espansione geografica della coltura talmente ampia, che oggi il settore viene classificato come "iperglobalizzato", cioè presente in tutti i mercati e a tutti i livelli di consumo.
In Italia, è in corso un processo di diffusione della coltivazione che tocca le principali regioni produttrici del paese in un arco di 1.500 km, in latitudini comprese tra i 46°40' delle regioni del nord (Piemonte, Trentino e Veneto), del centro Italia (Toscana e Lazio) e i 36°50' delle regioni del sud (Sicilia e Calabria, cui si aggiungono Puglia e Basilicata). Italianberry afferma che, con diversi climi e diverse varietà, attualmente l'Italia può coprire un calendario di raccolta dei mirtilli che va da febbraio a settembre.
La principale varietà di mirtillo prodotta in Italia è la Duke, distribuita in tutte le regioni del nord Italia. In queste aree, è in corso un processo di diversificazione varietale, con l'introduzione di altre cultivar più tardive, come Blue Ribbon, Top Shelf, Draper, Cargo e Last Call. Nelle zone a clima più temperato dell'Italia meridionale, Ventura è di gran lunga la principale varietà coltivata.
Nelle regioni settentrionali, la maggior parte delle piante viene coperta per proteggerla dai parassiti e dalla grandine, mentre al sud si usano le serre per anticipare il raccolto.
Secondo il sito web blueberriesconsulting.com, nel periodo tra il 2016 e il 2018 il consumo europeo di mirtilli è aumentato del 23%, raggiungendo una media di 250 grammi pro capite. Recentemente, le proiezioni degli esperti hanno stimato il consumo globale di mirtilli nei prossimi 2 anni a 10 milioni di tonnellate e il consumo nell'area europea a 860 grammi per abitante per il 2026.