"Non abbiamo mai assistito a una stagione produttiva e commerciale degli asparagi peggiore di questa". Si riassume in una semplice e amara frase il duro lavoro di alcuni produttori italiani.
"Siamo esasperati. Rese bassissime negli areali di coltivazione e prezzi da fame. Stiamo abbandonando i campi in piena raccolta. Molti agricoltori stanno persino estirpando le asparagiaie. Non è la manodopera a mancare, bensì sono i soldi per procedere con raccolta e confezionamento".
Il malcontento non è dettato tanto dalla crisi Covid-19, quanto dai prezzi al dettaglio, che si registrano nelle diverse catene di supermercati della Penisola. "Sembra quasi si voglia distruggere l'asparagicoltura italiana... Ci sono catene che acquistano asparagi a 3 euro al chilogrammo (prezzo per peso egalizzato) e vendono sui banchi a 5,98 euro/kg. Un ricarico pari al 100% della quotazione di acquisto. Altre comprano a prezzi molto più bassi, vendendo intorno ai 5 euro/kg".
E anche chi sembra più "onesto" compra a 2,40 euro/kg e vende a 4,98 euro/kg (mettendo in atto promozioni solo per periodi limitati). "Altre catene di distribuzione vendono a prezzi ancora più alti pagando ancora meno il prodotto. Tenere queste quotazioni al consumatore finale è una strategia ben organizzata. Si movimenta meno merce e si crea il massimo margine. I consumi si contraggono in maniera drastica e comperare asparagi diventa un lusso".
E se qualcuno si chiedesse se le differenze di prezzo derivino da una diversa qualità, i produttori precisano: "La classe commerciale per la Grande distribuzione organizzata italiana è quasi sempre la prima categoria, che ha un diametro da 10 a 16 mm al centro del turione, in mazzi da 500 g (egalizzato), che devono pesare in partenza tra 520 e 540 grammi".