"Sul fronte fitosanitario e dei residui, gestire le varie esigenze della Gdo non è facile, specie per chi esporta molto, come il nostro gruppo". Lo afferma Ugo Palara, direttore tecnico di Agrintesa, cooperativa con base a Faenza (Ravenna) e che fa numeri notevoli non solo in Italia ma anche all'estero, grazie a una base costituita da circa 4000 soci fra Emilia Romagna e resto d'Italia.
Ugo Palara
Abbiamo intervistato Palara durante un ciclo di interviste (online) organizzate dall'Università di Palermo con la collaborazione di FreshPlaza e il patrocinio di Aissa-Associazione italiana delle società scientifiche Agrarie e Soi-Società di ortoflorofrutticoltura italiana. A coordinare il ciclo di interviste è stato il professor Paolo Inglese.
"In un'annata normale, esportiamo all'incirca fino al 50% di alcune drupacee e oltre il 60% del kiwi. Ogni catena della Gdo ha esigenze diverse e non esiste la tanto auspicata armonizzazione. A volte, una medesima catena ha richieste diverse a seconda della nazione in cui opera", precisa Palara.
Lavorazione di drupacee all'interno di Agrintesa
Agrintesa lavora con una cinquantina di paesi esteri e ha linee di prodotto diversificate. "Quando si pensa all'export in un contesto fitosanitario, occorre considerare una situazione molto variegata e complessa".
Sul fronte Coronavirus, Palara è convinto che l'opinione pubblica si sia resa conto maggiormente dell'importanza del settore primario. "L'impossibilità di spostarsi e la maggior fiducia per il prodotto nazionale, ha spinto gli italiani a cercare di più il made in Italy e i prodotti locali, magari presso i piccoli negozi di prossimità. Questo ha determinato una situazione favorevole nelle vendite di ortofrutta. Purtroppo, il maggior problema per l'ortofrutta romagnola quest'anno è stato determinato dalla gelata del 24 marzo e dei primi di aprile, con perdite di prodotto molto ingenti, specialmente per le drupacee".