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In Emilia Romagna, il bando per le reti rischia di essere utile in forte ritardo

Chiudere la stalla quando... le cimici rischiano di entrare

Sarà che c'è di mezzo pure il Coronavirus, sarà che il bando contro la cimice asiatica era stato prorogato di 15 giorni: sta di fatto che si rischia di non avere tempo a sufficienza per proteggere i frutteti con le reti anti-insetto. La preoccupazione viene da qualche tecnico e agricoltore, fra cui Massimo Scozzoli. 

"Prima di tutto non capisco - esordisce il produttore - come mai il termine abbia avuto una proroga di 15 giorni, dal 7 al 21 febbraio. Le domande pervenute erano ben più elevate rispetto alla disponibilità dei fondi, quindi credo fosse inutile questa ulteriore finestra. Fra l'altro c'era tempo per integrare i documenti fino al 28 febbraio. In tal modo, coloro che si sono dati da fare per avere tutti i documenti a posto entro il 7 febbraio sono messi alla pari di chi ha potuto recuperare e quindi usufruire di giorni in più".

Ma la preoccupazione è anche un'altra: le tempistiche. "La graduatoria quando sarà stilata? In tempo di Coronavirus, tutto procede regolarmente, come lavoro d'ufficio? La mia paura - aggiunge Scozzoli - è che si vada oltre la fine di aprile. Se poi consideriamo che non sarà facile, per i vincitori del bando, avere le ditte a disposizione in tempi brevi per effettuare gli impianti, si rischiano due cose. Prima di tutto, non riuscire a chiudere gli impianti prima dell'esplosione delle cimici. E, in seconda battuta, se anche ci si riuscisse, si rischia di chiudersele dentro al frutteto".

Il bando della Regione Emilia Romagna per le protezioni contro la cimice asiatica consta di 2.641.804 euro per realizzare nuovi impianti di protezione con reti monoblocco o monofila, oppure per chiudere impianti antigrandine esistenti. Il finanziamento è pari all'80% della spesa.  

Con 2,6 milioni di euro si potranno coprire 130-180 ettari, nel caso di coperture ex novo. Una cifra molto bassa, considerando che nel modenese o nel ferrarese vi sono singole aziende che hanno oltre 100 ettari di superfici coltivate a pero ognuna.