"Tonight we are leaving the European Union (Stanotte lasceremo l'Unione europea)". E' iniziato così il discorso alla nazione del primo ministro del Regno Unito, Boris Johnson, il 31 gennaio scorso. "Questa non è la fine, ma un inizio per il nostro Paese".
Dal primo febbraio, infatti, la nazione non è più uno stato membro dell'Ue. Ma poco cambierà, in realtà, poiché il periodo di transizione si estenderà fino alla fine dell'anno.
Non è ancora chiaro cosa la Brexit significherà per le aziende del Regno Unito, per gli esportatori e per gli importatori. Fino al 31 dicembre 2020, la nazione resterà nel mercato unico e nell'unione doganale. Dopo il periodo di transizione, in UK non si applicherà più la libera circolazione delle persone, perciò gli europei potranno entrare nel Regno Unito solo con il passaporto.
Il capo negoziatore dell'Ue, Michel Barnier, ha dichiarato su Twitter: "Ora è tempo di cominciare a guardare avanti. Lunedì presenterò la bozza del mandato per la trattativa con il Regno Unito. Una cosa è chiara: gli interessi dell'Unione europea, di ogni Stato membro e di tutti i nostri cittadini, vengono prima".
Ci sono anche segnali che Brexit potrebbe portare a una spaccatura nel Regno Unito: Inghilterra e Galles hanno votato per lasciare l'Ue, ma la Scozia e l'Irlanda del Nord hanno votato per rimanere e tutti e tre i governi hanno votato contro il Withdrawal Agreement Bill. Inoltre, la scorsa settimana il Parlamento scozzese ha votato per tenere un referendum sull'Indipendenza prima della fine dell'anno. Anche i nazionalisti irlandesi stanno spingendo per un'Irlanda unita.