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Carenza di peperoni italiani, Portogallo nel mirino dell'import

Non è un'annata molto positiva per il peperone. La campagna è partita in ritardo, c'è poco prodotto per via di una riduzione degli areali coltivati e, se inizialmente si sperava in meglio almeno sui prezzi, in questo momento la situazione di mercato non è all'altezza delle aspettative. C'è comunque ottimismo, perché si prevede che i prezzi dovrebbero migliorare. Così riferisce a FreshPlaza un esperto della coltura.

(Foto d'archivio)

"Sul mercato - prosegue - c'è confusione, ma soprattutto preoccupazione da parte di chi coltiva questa specie, perché si tratta di una crop costosa e i rischi che il risultato venga inficiato da malattie è sempre più elevato. Oggi, il materiale genetico presente sul mercato dà garanzie se parliamo di situazioni standard, mentre in caso di presenza di malattie e virus, che sono in continua evoluzione, le garanzie si riducono enormemente".

"Il Tomato Spot Wilt Virus (TSWV) avanza a passi da gigante, i problemi da batteriosi in campo aperto stanno aumentando (e in questo caso la produzione può essere compromessa totalmente), le industrie continuano a mantenere prezzi stabili e non c'è alcun accenno al rialzo. Il clima è sempre più instabile e per il peperone, specie delicata, ciò costituisce un'ulteriore sfida. Un altro limite è la rigida restrizione nell'uso di prodotti per la coltivazione e la difesa, che sta demotivando i produttori".


Coltura in serra in Campania. (Foto d'archivio)

Come riferisce l'esperto, il peperone è una coltura che non lascia spazio all'improvvisazione. "Va gestita in maniera professionale e si deve tenere conto della idoneità dei terreni".

Data la riduzione delle superfici e quindi una resa inferiore, la nota positiva è data dalla consapevolezza che il prezzo - per legge di mercato - deve inevitabilmente aumentare. "Il calo degli areali dedicati a peperoni e relativa produzione al ribasso non sono questioni meramente italiane. Lo stesso si registra in Spagna, Portogallo, nei Paesi del Medio Oriente".

L'Italia, in ogni caso, continua a essere una nazione che importa, in particolare, peperone da Spagna (Lamuyo e Blocky) e Paesi Bassi (Blocky). "In vista del calo generale di produzione, ci sono stati o ci saranno timidi approcci con il Portogallo, ad esempio, che rispetto all'Italia si sta meccanizzando sempre di più, soprattutto nelle produzioni in campo aperto - spiega l'esperto - Inoltre, si corre il rischio, ancora tutto da confermare, che l'Italia entri nel mirino di Paesi come la Turchia, dove si coltiva di più rispetto alle reali esigenze del mercato locale e dove le esportazioni sono orientate verso l'Europa".

"Tutti vogliono entrare nel mercato europeo - conclude - Ci sono 400 milioni di consumatori ed è una destinazione che dà certezza di buon guadagno".