Lo shock della Brexit rischia di essere particolarmente duro per l'agroalimentare italiano ed europeo. Dal vino alle bevande, dall'ortofrutta alla pasta, dai dolciumi a formaggi, carni e salumi, l'export agroalimentare italiano nel Regno Unito è cinque volte superiore all'import in Italia. I dati parlano chiaro: l'Italia esporta oltre Manica alimenti per un valore annuo di circa 2,9 miliardi di euro e ne importa per 562 milioni. Londra invece, dai partner UE ne acquista per 35,5 miliardi e ne esporta per 13,9 miliardi.
La fotografia degli scambi mette in luce la sfida che rappresenta il "divorzio" tra l'UE e il Regno Unito, uno dei grandi temi del "Forum Food Global" che riunirà tra gli altri, dal 14 al 15 ottobre nei pressi di Milano, i ministri di agricoltura e ambiente, Maurizio Martina e Gian Luca Galletti, "per disegnare insieme il futuro del settore".
Dall'analisi elaborata dal Think tank "Farm Europe" (interlocutore delle istituzioni UE sulle sfide della PAC che con Confagricoltura organizzano l'evento, emerge che a forte rischio sono anche gli scambi agroalimentari di Olanda (6,9 miliardi soprattutto quelli portuali), Irlanda (5,2 mld), Francia (5 mld) e Germania (4,5 mld). Ad esempio per il vino, "la volontà di Londra di aprire al resto del mondo potrebbe seriamente ridurre l'attrattività dei britannici per la produzione UE": per l'Italia rappresenta 540 milioni di euro l'anno. Ma anche per i prodotti a base di carne, "bisognerà evitare che una Gran Bretagna aperta al mercato mondiale conduca di fatto ad un'apertura del mercato europeo ai concorrenti esteri".
In pericolo poi il commercio UE di latticini e formaggi (per l'Italia un mercato da 167 milioni di euro) che dovrebbero affrontare l'eventuale concorrenza di accordi commerciali tra britannici, neozelandesi o statunitensi. Per l'ortofrutta invece, "la vicinanza del mercato britannico dovrebbe permettere ai produttori UE di mantenere posizioni di forza" ma attenzione alla concorrenza dal Nord-Africa.

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