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Ortofrutta bio: c'e' molto lavoro da fare, ma i margini sono ampi

Biologico e agricoltura convenzionale: è da qui che parte il convegno "Ortofrutta biologica: un'opportunità di crescita per l'agricoltura italiana" organizzato a Expo lo scorso 25 ottobre 2015 da Brio in collaborazione con Alce Nero, Assobio e Federbio.



Innanzitutto, perché organizzare questo convegno a Expo? "Perché con il tema specifico dell'Esposizione Universale, non esserci stati sarebbe stata una sconfitta: il biologico si candida infatti a nutrire il pianeta".

Così ha aperto i lavori il direttore di Brio, Andrea Bertoldi (foto a lato), nonché moderatore dell'incontro, il quale ha poi sottolineato: "In Italia il biologico interessa una superficie di 1,4 milioni di ettari, il 10% di tutta la SAU; nel 2014 è cresciuta di 80.000 ettari, il 5%. Ma non basta: c'è bisogno di ampliare le produzioni. Inoltre, al di là dell'analisi specifica del biologico, è dato dell'Istat che dal 2000 al 2010 le aziende ortofrutticole siano passate da un milione a 463mila".

Cristian Moretti (foto a lato), direttore generale di Agrintesa, ha delineato le potenzialità del biologico e le opportunità che questo comparto può offrire ai soci.

La cooperativa faentina, insieme alla coop La Primavera, fondatrice di Brio, contano una produzione ortofrutticola di 303mila ton di cui 23.000 (l'8%) ottenute con tecniche di produzione bio, suddivise tra 70 specie, in particolare mele, pere e kiwi.

Complessivamente per la parte del biologico sono coinvolte 300 aziende agricole, 140 soci conferenti di Agrintesa e La Primavera, 160 fornitori attivi.

Le 15 principali specie per quantità (dati in ton)

Clicca qui per ingrandire l'immagine.

"Il ruolo di Agrintesa all'interno del gruppo Brio è quello di fornire assistenza tecnica e stabilire, con le aziende agricole conferenti, i programmi di produzione; fornire la certificazione del prodotto e verificare la qualità delle produzioni; gestire i magazzini dedicati e specializzati al ricevimento, lavorazione, confezionamento e conservazione del prodotto biologico; promuovere e collaborare attivamente a progetti di ricerca e sviluppo, nello specifico nuove varietà e miglioramento delle tecniche agronomiche.

"Obiettivo primario del Gruppo è dare redditività ai produttori. Siamo cooperatori e questo vuol dire condividere un progetto, mettere sul tavolo le proprie capacità e responsabilità e cercare di sviluppare un risultato comune per tutta la filiera. Inoltre puntiamo ad aumentare ulteriormente il numero dei soci e i volumi di prodotti biologici conferiti".



Per il futuro, il direttore spiega che è necessario essere leader di specie, ovvero consolidarsi e specializzarsi su quelle principali; sviluppare linee specifiche per prodotto o certificazione; puntare su ricerca varietale, programmazione mirata e specifica a supporto dei soci e del mercato.

"Per Agrintesa - ha concluso Moretti - il biologico rappresenta una scelta strategica e consapevole della produzione tesa alla valorizzazione e alla soddisfazione dell'intera filiera di oggi e di domani".

Riguardo alle prospettive di mercato dei prodotti ortofrutticoli bio è intervenuto Tom Fusato (foto a lato), direttore commerciale Brio. "Secondo i dati Nielsen di settembre 2015, nella grande distribuzione italiana il fatturato annuo al consumo dell'ortofrutta bio è di 96 milioni di euro. Se si aggiunge anche il peso variabile, si può ipotizzare un valore intorno ai 135 milioni di euro, pari a una quota stimata fra l'1,20 e l'1,40% sul fatturato convenzionale. L'incremento sull'anno precedente è dell'8,2%. Rispetto agli altri Paesi europei, siamo decisamente indietro di una decina di anni".

"Per migliorare ulteriormente il trend, è necessario che la distribuzione comunichi maggiormente i valori della filiera biologica, come avviene in altri paesi europei dove, non a caso, la percentuale di ortofrutta bio è nettamente superiore. In Svezia, la quota di mercato supera il 12%, in Svizzera e Austria il 10%, in Germania e Danimarca l'8%, in Francia il 5%, mentre in Italia si attesta all'1,2%".



Nel 2015 il Gruppo Brio totalizzerà un fatturato stimato in 56 milioni di euro, +13,8% rispetto al 2014 (ad oggi). Il mercato italiano rappresenta il 52,4%, mentre l'export un 47,6%. I canali sono Grande distribuzione organizzata (73%, Gdo Italia 20%), ristorazione (15%), negozi specializzati bio (10%) e industria (2%).

Nel 2015 Briodovrebbe raggiungere una produzione di 27.000 tonnellate, pari al 90% circa dell'intera gamma merceologica, e un fatturato ortofrutticolo che nei primi nove mesi dell'anno ha fatto registrare un aumento del 13,8% sul 2014.

A livello produttivo, invece, bisogna fare i conti con alcuni problemi come la scarsa ricerca specifica per il comparto, che ostacola la crescita delle aziende bio anche alla luce delle limitate risorse previste dall'Unione europea per gli agricoltori che intendono passare all'agricoltura biologica.



I prodotti per i quali il Gruppo ritiene possano esserci maggiori possibilità di sviluppo nei prossimi cinque anni sono: pere, albicocche, ciliegie, kiwi, avocado italiano, meloni, pomodoro, lattughe, peperoni e valeriana.

"Da parte nostra, comunque, abbiamo predisposto un piano di sviluppo ambizioso che dovrebbe portarci a raddoppiare la produzione in pochi anni. Le prospettive per l'ortofrutta biologica sono estremamente favorevoli. E' da perseguire obbligatoriamente la strada del gusto: biologico sì, ma deve essere anche buono. Inoltre il settore non deve essere messo a rischio da pochi truffatori che, approfittando del mercato favorevole, cerchino solo facili scorciatoie per il raggiungimento di redditi elevati".

"In tre parole - ha concluso Fusato - professionalità, eticità e onestà".

"Il forte sviluppo che si sta registrando in Europa, ma anche in altri continenti come l'America, del Nord e del Sud con il Brasile in prima linea, in Asia e anche in alcuni Paesi un tempo chiamati del terzo mondo - ha affermato Lucio Cavazzoni (foto a lato), presidente Alce Nero - dimostra che il biologico non è una moda, ma una realtà ormai più che consolidata, che però non può essere considerata un punto di arrivo; semmai un punto di partenza".

"Il bio - ha aggiunto Cavazzoni - non è soltanto un metodo di produzione per ottenere quello che potremmo definire il cibo per la salute, ma una filosofia che può consentirci di cambiare il territorio attraverso una diversa cultura che punta all'equilibrio dell'ecosistema".



Tra i relatori anche Vladimiro Adelmi (foto a lato), brand manager prodotto Coop Vivi Verde e Solidal: "Per la prima volta negli ultimi otto anni, in Italia abbiamo assistito a una flessione nel mercato alimentare. Dopo il 2007, la spesa alimentare ha registrato un crollo, in valore, del 14%. L'ultima recessione ha portato a profondi mutamenti nelle abitudini di consumo. A tutt'oggi si registra una lieve ripresa, che ancora comunque è da vedere se e quanto si consoliderà".

A guidare i consumi sono salutismo e ambiente: più benessere, meno sprechi. L'86% dei consumatori cerca prodotti al 100% naturali e il 76% è disponibile a spendere qualcosa in più per mangiare sano, con frutta e verdura in crescita (cfr. FreshPlaza del 07/09/2015). "In futuro, gli Italiani sono proiettati verso stili di consumo lontani dalla tradizione e dalla tipicità territoriale, prediligendo cibi naturali, ricchi in contributo nutrizionale ed etici. I prodotti biologici continuano a crescere a due cifre: il giro d'affari complessivo della filiera bio vale 2,5 miliardi di euro, a cui bisogna aggiungere 1,4 miliardi legati all'export. Nella grande distribuzione, l'incidenza del biologico in ortofrutta è stimata tra 1,2 e 1,4%, ovvero circa 135 milioni di euro".



Coop intende rilanciare in maniera forte l'ortofrutta biologica con l'obiettivo di acquisire la leadership di mercato. Ha iniziato con l'ortofrutta bio nel 1992-1993. Le prime esperienze pilota sono avvenute con Brio, da qui un rapporto di collaborazione. "Nel corso degli ultimi 24 anni come Coop abbiamo raggiunto diverse tappe: siamo riusciti a realizzare una linea costituita da 100-150 prodotti biologici, diventata poi la linea di prodotti bio Coop, la quale ha lasciato il testimone a Vivi Verde, marchio che associa bio-logico a eco-logico. L'ambiente e la salute sono impegni statuari per Coop".

Vivi Verde è una linea che mostra la sua forza perché esprime subito la sua promessa, garantendo il rispetto della terra; semplifica la scelta per chi acquista; si rivolge a tutti coloro che vogliono contribuire attivamente alla difesa del pianeta. "Da un'indagine rivolta ai consumatori, la linea Vivi Verde è conosciuta dall'86% e viene associata al prodotto biologico. Il valore dell'ortofrutta legata a Vivi Verde è del 26%. Per quanto riguarda il bio, la percentuale è del 5%".



I lavori hanno previsto, inoltre, alcuni interventi più tecnici: Giovanni Dinelli, professore ordinario presso il Dipartimento di Scienze Agrarie dell'Università di Bologna ha discusso sul tema "Ecosostenibilità: le produzioni biologiche come salvaguardia dell'ambiente e della salute di agricoltori e consumatori. Progresso in agronomia e genetica agraria"; Massimo Benuzzi di IBMA Italia ha delineato il presente e futuro dei mezzi tecnici per la produzione in agricoltura biologica; Andrea Peruzzi, professore ordinario al dipartimento di Scienze Agrarie dell'Università di Pisa ha parlato di meccanizzazione in agricoltura biologica, sottolineandone realizzazioni consolidate, innovazioni e prospettive future; Maurizio Canavari, professore associato al Dipartimento di Scienze Agrarie dell'Università di Bologna ha invece discusso la presentazione intitolata "La competitività economica delle produzioni ortofrutticole biologiche".

Conclusioni affidate al presidente di Brio, Gianni Amidei (foto a lato), il quale ha ricordato come l'aggregazione, che ha interessato questa società e le cooperative Agrintesa e La Primavera, costituisca una risposta concreta all'esigenza di fare sistema per favorire lo sviluppo dell'ortofrutticoltura biologica in Italia. "Bastano chiarezza di obiettivi, passione degli uomini e un progetto importante, una nuova Brio".

"Da qui a cinque anni, il nostro obiettivo è ottenere una crescita del 15% annuo per raggiungere un quantitativo della sola Brio di 37.000 tonnellate di ortofrutta fresca bio, di cui il 50% proveniente da soci e il 25% da filiere gestite. A questo scopo promuoveremo un processo di conversione all'interno della nostra base sociale".

"Abbiamo un'opportunità importante che deve essere supportata da strutture formate sia da tecnici sia da commerciali, in grado di dare risposte su una produzione che deve crescere. Esistono poi dei contributi, seppur modesti; è indispensabile il supporto delle Istituzioni che devono sostenere il progetto di riconversione dall'agricoltura convenzionale a quella biologica attraverso gli strumenti dell'OCM e del PSR. Comunque non si potrebbe realizzare il nostro progetto senza che il mercato garantisca la giusta remunerazione ai produttori agricoli".

"Il biologico non è per tutti - ha concluso Amidei - servono agricoltori aperti, sensibili e disponibili al cambiamento, che abbiano voglia di affrontare difficoltà nuove, perché fare bio è a tutt'oggi difficile. Abbiamo creato le condizioni perché si possa fare reddito, lavorando in modo diverso e con nuove soddisfazioni. Insomma c'è molto lavoro da fare, ma sono fiducioso che insieme riusciremo a raggiungere l'obiettivo".