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"Salvate il pianeta, mollate l'insalata": l'incredibile crociata anti-lattuga del Washington Post"

Non c'è pace per le insalate. Non bastava la "mala informazione" sulla IV gamma diffusa da Slow Food all'Expo di Milano (cfr freshPlaza del 14/07/2015), ora ci si mette anche la stampa internazionale che, nella fattispecie, nell'articolo "Contro l'insalata" di Tamar Haspel, pubblicato sul Washington Post e ripreso da Il Post.it, indica le tre ragioni per le quali bisognerebbe cambiare il nostro approccio nei confronti di questo ortaggio a foglia.



Secondo l'autrice, l'insalata verde ha un bassissimo apporto nutritivo, inganna chi è a dieta facendogli compiere scelte sbagliate e, come se non bastasse, ha ripercussioni dannose sull'ambiente e sulla nostra alimentazione.

Partiamo dall'inizio. Alla lattuga, Haspel contesta un contenuto d'acqua del 96% e pochissime sostanze nutritive (anche gli esseri umani sono per il 90% acqua, ma non per questo sono inconsistenti, NdR). Per non parlare dei costi: verdure il doppio più nutrienti (la giornalista cita le foglie di cavolo o i fagiolini) permetterebbero di liberare "metà dei terreni ora destinati alla lattuga, risparmiando sul carburante e le altre risorse impiegate per trasportarla e conservarla".

Il secondo punto è più confuso: il problema sono le insalatone nei ristoranti, quel mix di cibo "pieno di calorie e diabolicamente gustoso, con in più un po' di foglie di lattuga buttate nel mezzo" che illude i clienti, sottoposti a una sorta di "lavaggio del cervello salutista". L'accusa sarebbe che la foglia di lattuga, come quella di fico, viene utilizzata per celare qualcosa di ben più calorico; ma che colpa ne ha la verdura, se sono le scelte gastronomiche degli statunitensi a essere del tutto squilibrate?

Last but not least, la lattuga sarebbe la principale fonte di sprechi alimentari (ogni anno nel mondo se ne scartano più di 450mila tonnellate) mentre le "verdure a foglia" (inclusi cioè il cavolo, gli spinaci e altri tipi di ortaggi verdi) sarebbero le prime responsabili delle malattie trasmesse con il cibo. Trascurando le responsabilità dei metodi di produzione statunitensi, tutti da migliorare. E invece il motivo, secondo l'editorialista del Washington Post, è che spesso vengono mangiate crude. Sotto forma di insalata, appunto.

Il tutto viene raccontato ai lettori senza alcuna citazione bibliografica né argomentazioni scientifiche a supporto.


(Credits: JEWEL SAMAD/AFP/Getty Images).

L'articolo è anche corredato da una foto della First Lady, Michelle Obama, intenta a raccogliere un cespo di Batavia nell'orto della Casa Bianca con alcuni studenti (vedi sopra). Ma non è chiaro se le scelte alimentari della signora, paladina dell'ambiente e della sana alimentazione, siano sotto accusa oppure apprezzate in un'ottica di km zero.

Ma, a parte l'opinione personale e le singole obiezioni che ognuno di noi potrebbe portare ("scelgo la lattuga per restare leggero", "l'elevato contenuto in acqua è un plus", "meglio la lattuga del bacon", "le insalate sono sicure e certificate" e così via), quello che appare evidente è, ancora una volta, l'assenza di una cultura dell'alimentazione. Motivo per il quale, dall'apprendista cuoco all'improvvisato personal trainer, tutti si sentono in diritto di avere, e soprattutto esporre, un giudizio (perlopiù negativo) su quello che mangiamo.



Altrettanto palese, nel caso specifico delle insalate e baby leaf, l'assenza di una comunicazione in positivo, di una collegialità di intenti da parte della filiera. Perché questi articoli disorientano il consumatore, e le aziende non solo non si difendono, ma (tranne rari casi) nemmeno prevengono.

"Un cuore di iceberg con ravanelli, bacon e gorgonzola, è qualcosa a cui non ho certo intenzione di rinunciare" chiosa Haspel, definendo però l'insalata un "dispendioso lusso". L'impatto di ciò che mangiamo sulla nostra salute e sul pianeta varrebbe qualche riflessione in più.