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Strategia innovativa per contenere il fitoplasma del Legno nero della vite

L'agente della malattia del "Legno nero" (LN) è un fitoplasma del gruppo tassonomico dello Stolbur, che si trasmette dalle piante infette a quelle sane attraverso la cicalina polifaga Hyalesthes obsoletus. Il fitoplasma agente di LN, insieme a quello della Flavescenza dorata, sono comunemente indicati come responsabili dei "giallumi della vite". Al momento non esistono trattamenti efficaci e diretti contro il vettore del fitoplasma LN, poiché H. obsoletus generalmente non vive sulla vite.

Il patologo Gianfranco Romanazzi dell'Università Politecnica delle Marche ci ha spiegato: "Il Legno nero è una problematica molto diffusa in tutti gli areali vitivinicoli europei e non (anche mediorientali e sudamericani, in primis in Cile); noi abbiamo svolto le indagini su uva da vino, ma in Puglia ed in Sicilia la malattia è dannosa anche su uva da tavola".

Si riportano di seguito alcuni risultati del lavoro di ricerca svolto in questi anni dal Dr Romanazzi e dai suoi collaboratori per contenere la malattia del Legno Nero che ha un impatto rilevante sulla produzione di uva sia da vino sia da tavola.

Il Dr Romanazzi spiega: "La diffusione della malattia e l'intensità dei sintomi possono essere limitati attraverso 1) impiego di insetticidi; 2) gestione adeguata della flora infestante; 3) impiego di induttori di resistenza."



A differenza di altri agenti patogeni che interessano la vite, finora non sono disponibili informazioni sull'efficacia di prodotti fitosanitari attivi in campo contro il fitoplasma agente di LN. Tuttavia, le piante infette da LN possono andare incontro alla remissione dei sintomi di malattia, recuperando così la produttività e simulando il comportamento delle piante sane. Tale fenomeno di remissione, conosciuto come recovery e molto studiato su vite e fruttiferi dal Prof. Ruggero Osler dell'Università di Udine e dai suoi collaboratori, può essere favorevolmente influenzato da fattori abiotici, quali alcune pratiche colturali ordinarie e sperimentali (trapianto, capitozzatura, strattonamento, potatura, ecc.).

I ricercatori marchigiani hanno ipotizzato una strategia innovativa per contenere la malattia che consiste nel trattamento delle piante infette con elicitori (induttori di resistenza), che possono potenziare le difese della pianta, rendendola più reattiva nei confronti del patogeno.

I trattamenti con induttori prevedevano l'applicazione fogliare settimanale di 5 prodotti sulle piante di vite LN infette, di seguito elencati:
1. Chitosano;
2. Glutatione + Oligosaccarine (formulato 1);
3. Glutatione + Oligosaccarine (formulato 2);
4. Fosetyl-Al;
5. Benzotiadiazolo

Dalle analisi è emerso che tutti gli induttori di resistenza hanno incrementato l'incidenza del recovery rispetto al testimone non trattato infetto da LN. I formulati a base di glutatione ed oligosaccarine e le applicazioni a base di benzotiadiazolo sono risultati i trattamenti più efficaci nel potenziare la resistenza delle piante infette da LN, inducendo il fenomeno del recovery. Inoltre, le piante infette trattate e "recovered" non si sono differenziate da quelle sane in termini di resa e qualità della produzione. Tali trattamenti, pur inducendo il fenomeno della remissione nelle piante infette, non hanno avuto alcun impatto negativo sulle caratteristiche qualitative e quantitative della produzione.

Il Dr Romanazzi conclude: "L'impiego di questi induttori della remissione rappresenta una possibile nuova strategia di controllo del legno nero della vite, che applicata in sinergia con altri metodi di difesa potrebbe ridurre le perdite di prodotto. Ulteriori indagini sono necessarie per confermare i risultati ed ottimizzare la tempistica dei trattamenti. Tuttavia, l'applicazione in vigneto di questi prodotti deve tenere in considerazione la registrazione per la coltura, la tempistica dei trattamenti ed il periodo di carenza."

Fonte: Romanazzi G., Murolo S., Feliziani E., "Effects of an innovative strategy to contain grapevine Bois noir: field treatment with resistance inducers", Phytopathology, Vol. 103(8), pagg. 785-791.
http://apsjournals.apsnet.org/doi/pdf/10.1094/PHYTO-01-13-0031-R