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Il resoconto del Summit internazionale del kiwi a Cesena

Batteriosi, barriere fitosanitarie e qualita': sono le sinergie a fare la differenza

Martedì 24 settembre, presso la Sala Europa di Cesena Fiera, si è tenuto il Summit internazionale "Il mondo del kiwi fra emergenza e mercato – Le eccellenze si confrontano", organizzato da Macfrut in collaborazione con il Cso Centro servizi ortofrutticoli di Ferrara.


La sala durante l'introduzione di Roberto Della Casa, docente dell'Università di Bologna, che ha moderato i lavori del mattino.

Secondo Elisa Macchi (nella foto sotto), direttore del Cso, le previsioni di produzione 2013 sul kiwi non mettono in luce particolari criticità sulla campagna che sta per iniziare.



Per l’Italia si prevedono, infatti, circa 400.000 tonnellate di produzione commercializzabile, con valori solo leggermente superiori in termini quantitativi allo scorso anno (+7%) e inferiori del 12% rispetto alla media del triennio 2008-2011 (vedi grafico sottostante).



Le previsioni 2013/14 a livello europeo non si discostano dalle produzioni della stagione scorsa e si attestano attorno alle 582.400 tonnellate. Previsto un calo per la Francia (-13%) ma, nello specifico, Elisa Macchi ha sottolineatoil caso della Grecia, nostro diretto concorrente, che quest’anno vede scendere i suoi quantitativi di circa il 15% rispetto alla passata stagione (vedi tabella sottostante).


Clicca qui per ingrandire la tabella.

"Per quanto riguarda la batteriosi - che in primavera aveva allertato i produttori a causa del clima particolarmente umido e piovoso - le conseguenze sulle rese, seppur presenti, sono state meno negative di quanto si temesse. Il mondo della produzione ha preso maggiore coscienza del problema e attua con attenzione le buone pratiche di difesa che riescono a contrastare e limitare la diffusione della malattia", ha continuato il direttore Cso.

A proposito di batteriosi (Psa), il Centro servizi ortofrutticoli è titolare di una serie di attività previste nel progetto Interact - gestito dal CRA e finanziato dal ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali - quali: la costituzione del catasto nazionale, lo sviluppo di un sito internet interamente dedicato al kiwi e alla batteriosi (www.kiwifruitpsa.com) e l'analisi delle ricadute economiche della malattia in termine di costi di produzione.

"La batteriosi è un problema cui è difficile trovare, ancora oggi, una soluzione definitiva se non quella della corretta difesa e della applicazione di pratiche agronomiche atte a limitarne la diffusione e i danni conseguenti."

"Mediamente - ha rimarcato Elisa Macchi - a seconda delle aree territoriali, produrre kiwi costa all’incirca 0,45 euro al chilo di costi vivi, se aggiungiamo i costi indiretti e i costi figurativi, il costo totale di produzione arriva sui 60 centesimi di euro al chilo. Le tecniche di prevenzione e difesa necessarie a contrastare la malattia elevano il costo di qualche centesimo di euro, ma le conseguenze di una mancata prevenzione graverebbero sui costi in misura molto superiore."

"I nuovi mercati: numeri, tendenze e barriere" è il titolo della relazione esposta da Marco Salvi (nella foto sotto), presidente di Fruitimprese.



Dopo aver evidenziato come l’Italia esporti circa il 70-80% della sua produzione di kiwi, Salvi ha indicato le principali destinazioni del kiwi "made in Italy" nella campagna 2012/13: in testa la Germania, anche se con trend decisamente negativo rispetto all'anno precedente, quindi la Spagna, la Francia, gli Stati Uniti, ecc. (vedi diapositiva sottostante).


Le principali destinazioni del kiwi italiano: insieme rappresentano circa il 70% dell’export complessivo, ma sono progressivamente aumentate fino a coprire oltre 80 paesi nel mondo. Per ingrandire la tabella, clicca qui.

Per il presidente di Fruitimprese resta di fondamentale importanza aprire nuovi mercati, molti dei quali attualmente irraggiungibili per via delle barriere fitosanitarie, una sorta di protezionismo messo in atto da alcuni Paesi, quali Giappone, Messico, Vietnam e Israele.


Il prodotto italiano arriva in molti paesi ma recentemente sono cambiate le quote in termini di destinazioni: scendono i paesi UE28 mentre salgono le percentuali destinate al di fuori della Comunità europea. Clicca qui per ingrandire il grafico.

Per quanto riguarda i maggiori competitor italiani, Grecia (in 10 anni ha raddoppiato la sua produzione) e Cile, in generale, incrementano i volumi destinati all'export mentre la Nuova Zelanda inoltra meno quote di prodotto verso l'Unione europea a favore di una forte espansione in Estremo Oriente. Fra le "buone notizie" segnalate da Salvi, il calo della produzione statunitense registrato quest’anno, che fa sperare in possibili maggiori esportazioni verso il mercato Usa.

"Di certo – ha osservato Marco Salvi – il kiwi è un'eccellenza per l’Italia, che deve rimanere leader produttivo dimostrando risultati importanti. Per fare ciò, non si può prescindere dal fare sistema, puntare sulla qualità - i trend nei mercati consolidati dimostrano che i consumi calano - e combattere le raccolte precoci. Seguire insomma l'indirizzo del Tavolo dell'interprofessione, l'unico strumento serio e trasverasale che abbiamo a disposizione per realizzare un progetto di qualità. Serve infine una stretta collaborazione con le istituzioni, in tal senso Fruitimprese chiede di poter entrare di diritto nella Cabina di regia di cui si è dotato il ministero dell'Agricoltura, insieme a quello degli Esteri, per favorire l'export dell'agroalimentare italiano."

A seguire, si è svolta la Tavola rotonda sullo stato dell'arte della batteriosi in Italia, cui hanno partecipato esperti dei servizi fitosanitari (SFR) delle Regioni Emilia-Romagna, Veneto, Piemonte e Lazio, oltre a responsabili dei CRA di Roma e Caserta, Graziano Vittone del CReSo e Raffaele Testolin, professore ordinario dell’Università di Udine.


Da sinistra, Luciano Nuccitelli (SFR Lazio), Raffaele Testolin (Università di Udine), Mario Scortichini (CRA Caserta), Alberto Contessi (SFR Emilia-Romagna), Guido Cipriani (CRA Roma), Giacomo Michelatti (SFR Piemonte), Graziano Vittone (CReSO) e Tiziano Visigalli (SFR Veneto).

In base alle recenti statistiche è emersa una significativa diffusione della batteriosi con punte del 70% delle superfici colpite in Veneto e addirittura del 100% nel Lazio mentre in Piemonte e in Emilia-Romagna il contagio si assesta sul 50%.

Raffaele Testolin
ha illustrato i tre progetti di ricerca più importanti a livello nazionale (quello del CRA, quello della Regione Emilia-Romagna e quello del Piemonte) finalizzati alla conoscenza e al controllo del batterio.

Bruno Caio Faraglia
, responsabile dell'ufficio Produzioni vegetali del ministero delle Politiche agricole, ha ricapitolato le emergenze e criticità segnalate dai colleghi che lo hanno preceduto. Innanzitutto la necessità di un'azione sinergica e integrata nel breve e medio periodo, ponendo massima attenzione al materiale di propagazione, che funge sia da vettore che da potenziale inoculo iniziale.



"Il problema fitosanitario è stato preso in carico all'interno della Pac e sicuramente ci saranno strumenti specifici per gli interventi a supporto del miglioramento degli impianti produttivi - ha chiarito il dirigente - L'obiettivo per il prossimo futuro sarà quello di tenere gli impianti il più possibile sani, senza un meccanismo che li sanifichi."

"Uno degli aspetti fondamentali nel nostro paese è l'export dei prodotti agroalimentari. L'esperienza dei kiwi in Corea, che stiamo per riprendere, in questo senso ha segnato la nostra consapevolezza. Ci siamo riusciti perché abbiamo fatto squadra: il lavoro congiunto tra strutture private e pubblica amministrazione, sia per i kiwi in Corea che per mele e pere negli Usa, ha dimostrato non solo la raggiungibilità dell'obiettivo ma anche indicato quale sia la strada da percorrere."



Nel pomeriggio, una panoramica internazionale coordinata da Alessandro Fornari (nella foto sopra), presidente di Kiwifruit of Italy, ha ospitato Joel Vanneste dell’Institute of Plant & Food Research, in Nuova Zelanda, Caihong Zhong del Wuhan Botanical Garden, in Cina, e Carlos Cruzat del Comitato Cileno del Kiwi – Asoex.


Da sinistra: Caihong Zhong, Joel Vanneste e Carlos Cruzat.

Dopo aver descritto la diffusione del Psa in Nuova Zelanda - lo stesso Biovar 3 è presente nei principali paesi produttori, Italia, Cile e Cina - Joel Vanneste ha sottolineato l’importanza di unire le forze per combattere insieme la batteriosi e difendere il futuro del kiwi (www.plantandfood.co.nz/letsbeatpsa).

Caihong Zhong
ha invece evidenziato i progressi del miglioramento genetico in Cina, sottolineando il valore della segmentazione del mercato. Le cultivar del futuro saranno caratterizzate da un elevato contenuto di vitamina C, da un sapore ancora più gradevole, dalla convenienza (buccia edule, facilmente sbucciabile, ecc.) e da lunga conservabilità e shelf-life (da 4 a 7 mesi a 0-2° C).

Carlos Cruzat ha portato ai presenti l'esperienza del Comitato cileno del kiwi, evidenziando come la miglior promozione sia il prodotto stesso, che deve essere consumato al giusto grado di maturazione. Secondo Cruzat,una cooperazione tra Cile e Italia per offrire un miglior kiwi, ad esempio, in Asia è auspicabile, pur rimanendo competitor sul mercato.

Le conclusioni sono spettate a Paolo Bruni, presidente del Cso, che prima ha ricordato la segmentazione dell'offerta come opportunità di scelta per il consumatore e, quindi, la necessità di fare sistema tra sistema di produzione, commercializzazione e ricerca, in modo da ottenere prodotti migliori e da trasferire reddito ai produttori.



"Vero core business di tutta l'ortofrutta, ma in modo particolare del kiwi, è l'internazionalizzazione, l'esportazione. Nel nostro sistema Italia, di quelle 400.000 tonnellate che produciamo, ne esportiamo circa il 70%, risultato che dobbiamo trasfondere anche ad altri tipi di frutta e verdura."

"Per le sue capacità globali - ha concluso Paolo Bruni - il kiwi è da considerare l'apripista e l'ambasciatore della nostra ortofrutta nel mondo."