Il collegio di tre giudici del Tribunale delle Imprese di Bari ha esaminato il ricorso mediante il quale la International Fruit Genetics (IFG) insisteva nelle sue richieste di eradicazione delle piante e inibitoria alla commercializzazione dei frutti, lamentando la contraffazione di alcune privative vegetali comunitarie che, al momento della messa a dimora, erano state depositate da IFG, ma non ancora concesse.
Confermando in toto il provvedimento reso dal Tribunale in composizione monocratica, dott. Magaletti, i giudici baresi hanno invece rigettato integralmente il ricorso di IFG, condannandola al pagamento delle spese legali e delle sanzioni previste per la presentazione di impugnazioni infondate o improcedibili.
Secondo il collegio, a seguito della sentenza interpretativa resa nel dicembre 2019 dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea (sentenza "Nadorcott"), è ormai accertato come, prima della concessione della privativa, il breeder abbia solo e soltanto il diritto di chiedere un "equo compenso" per l'uso della varietà, ai sensi dell'art. 95 del Regolamento Comunitario No. 2100/94 (l'unico sistema di norme applicabile in materia di varietà vegetali in tutta Europa e negli stati membri dell'UPOV); non potendo quindi applicarsi il regime ordinario previsto per gli atti realizzati dopo la concessione, quando dunque l'autorizzazione può e quindi deve essere richiesta.
L'applicazione di tale principio alla commercializzazione dei frutti ottenuti dagli alberi piantati prima della concessione – che quindi non potranno essere ritenuti illegittimi – è stata confermata in toto.
"Da sempre, – riporta Lorenzo Colucci (in foto a lato), presidente Comitato Libero Agricoltori e Commercianti di Puglia e Basilicata - siamo d'accordo sull'importanza della ricerca in agricoltura e del miglioramento varietale, e sulla necessità di corrispondere a chi investe in ricerca la giusta remunerazione. Nella quasi totalità dei casi, gli agricoltori non sanno di aver acquistato e piantato una varietà di uva protetta o registrata e, in questi casi, l'eradicazione non può essere l'unica soluzione. Siamo quindi orgogliosi di questa sentenza, che dedichiamo alla nostra terra".
Secondo l'avv. Roberto Manno, che ha affiancato l'avv. Paride Lomuzio nel procedimento cautelare e che coordina il pool di legali del Comitato, "il provvedimento si inserisce in un contesto giuridico molto articolato e complesso, in cui la Corte di Giustizia dell'Unione Europea svolge un ruolo di fondamentale importanza nell'assicurare l'applicazione uniforme di principi essenziali per la tutela di interessi fondamentali".