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Servono investimenti nell'innovazione varietale

L'ortofrutta siciliana ha le carte in regola per approdare sui ricchi mercati del Medio Oriente

In Sicilia, oltre al pomodoro da mensa e all'uva da tavola (vedi articolo correlato), a esprimere valore ci sono ovviamente anche gli agrumi (che però meritano una trattazione a parte). 

Salvo Garipoli

Come detto in precedenza, in Sicilia operano due Consorzi di Tutela dell'uva da tavola Igp, quello di Canicattì (AG) e quello di Mazzarrone (CT), ma a titolo esemplificativo prendiamo in esame solo quest'ultimo, in virtù di alcuni dati di cui disponiamo nell'immediato. Entrambi i consorzi, infatti, esprimono produzioni di alto livello.

Il Consorzio di Mazzarrone è un esempio virtuoso di crescita per produzione e commercializzazione. Il fatturato è passato dai 950mila euro del 2013 ai 3,5 mln di euro del 2016, corrispondenti a un totale di uva commercializzata che è passata dagli iniziali 496.000 kg, a 2,4mln di kg del 2017. Le varietà sono quelle classiche italiane, bianche e scure, ma anche le ricercatissime apirene bianche e scure coltivate in regime biologico.

Una foto scattata durante una recente missione commerciale a Dubai che ha visto al centro l'uva da tavola di Mazzarrone Igp. (Leggi Freshplaza del 28/10/2019)

Cosa serve alla Sicilia per fare un ulteriore salto di qualità?
Nei mercati al consumo di alta fascia di solito manca il prodotto con origine Sicilia, anche se non del tutto. Altri Paesi europei produttori delle stesse referenze siciliane (vedi Spagna) sono invece piuttosto presenti e non tutti sono dell'area mediterranea. A Dubai si trova ad esempio pomodoro di alto gusto proveniente da Olanda e Belgio. Sono massicciamente presenti anche gli agrumi provenienti dal Sudafrica e altri prodotti da molti altri Paesi.

L'anello debole sembrerebbe essere proprio la Sicilia, ma non è tutto perduto, anzi! Ed è ancora Salvo Garipoli (SG Markenting) a dare qualche suggerimento: "Sono tre gli elementi su cui bisogna concentrarsi. Il primo è il tema organizzativo, cui bisogna approcciarsi come "Sistema Regione", coordinando l'azione commerciale, facendo massa critica, strutturando le filiere e utilizzando in maniera efficace la potente leva della promozione".

"Il secondo punto cardine - prosegue l'esperto – è relativo al prodotto nella sua componente agricola. Facendo leva sul nostro patrimonio storico e sulle tradizioni come know-how acquisito, bisogna innovare nell'ottica di un'agricoltura 4.0. Bene il lavoro svolto con i prodotti Bio, ma servono nuovi investimenti per l'innovazione varietale".

"Terzo ed ultimo punto su cui lavorare è relativo alla necessità di orientare gli sforzi della filiera utilizzando un approccio manageriale, indirizzato a un rinnovo generazionale e culturale, che valorizzi le competenze. Sul fattore umano bisogna investire attraverso un modello esperienziale più evoluto, in grado di effettuare analisi e strutturare strategie alla luce delle esigenze dei differenti mercati".



Perché l'esempio di Dubai in poche cifre
Gli Emirati Arabi Uniti sono un Paese essenzialmente desertico, con un clima arido e scarsità di terra coltivabile oltre che di risorse idriche. Il peso del settore primario dell'agricoltura e della pesca è inferiore all'1 % del PIL. Il Paese asiatico, di conseguenza, è costretto a importare circa l'85 per cento del proprio fabbisogno di prodotti alimentari. (Fonte: Federal Competitiveness and Statistics Authority)

Nell'ambito degli alimenti freschi, le verdure rappresentano la categoria merceologica con i maggiori volumi di vendita (663.000 ton), seguite dalla frutta fresca (448.000 ton). (Dati ICE).

In conclusione: bisognerebbe indirizzare meglio le produzioni nostrane di qualità e iniziare a commercializzarli con maggiori volumi anche nei mercati più esclusivi. Puntare sulle eccellenze è un must!