Perché parlare sempre di aggregazione per singoli livelli di una filiera agroalimentare? Quando sappiamo bene che la filiera ha una dimensione molto più estesa e che i problemi e le sofferenze di uno dei suoi componenti inevitabilmente sono destinati a ripercuotersi, prima o poi, anche sugli altri?
La legge italiana mette a disposizione delle aziende uno strumento molto interessante, quello del contratto di rete: con il contratto di rete due o più imprese si obbligano a esercitare in comune una o più attività economiche rientranti nei rispettivi oggetti sociali, allo scopo di accrescere la reciproca capacità innovativa e la competitività sul mercato. Una compagine, dunque, nella quale possono idealmente riunirsi e rapportarsi in una comune visione di intenti anche imprese appartenenti a momenti diversi della medesima filiera.
Ma torniamo alla proposta di Confagricoltura: insieme a Nomisma e Università LUISS Guido Carli è stata lanciata l'iniziativa di un'associazione per l'agroindustria, denominata "Agronetwork". La firma dell'atto costitutivo è avvenuta ieri, 8 settembre 2016, a Roma, da parte di Mario Guidi, del managing director di Nomisma Luca Dondi e dal direttore generale della LUISS Giovanni Lo Storto.
L'obiettivo principale del accordo, secondo i firmatari, sarà il rilancio della competitività dell'agroalimentare, approfondendo la progettualità di filiera, la creazione di reti, la realizzazione di progetti, fiere, eventi, manifestazioni per la valorizzazione del made in Italy e per l'innovazione, anche su scala internazionale. Potranno aderire all'associazione le imprese dell'agroalimentare interessate a svolgere iniziative ed attività concertate, che puntano su marketing, business e innovazione.
Un salto di livello
Partendo dalla consapevolezza di quanto sia difficile (se non impossibile) per le Organizzazioni Interprofessionali (OI) - pensiamo solo al caso del pomodoro da industria - incidere sulle problematiche di fondo concernenti la redditività, il passaggio concettuale dall'interprofessione alla rete d'imprese, che coinvolga i diversi passaggi della filiera in un unico progetto produttivo e commerciale, appare come un vero e proprio salto nell'iperspazio.
La non coincidenza di interessi che finora ha caratterizzato ogni tentativo di "tavolo" tra gli attori, a diverso grado e livello, di una medesima filiera agroalimentare, ha costituito fin qui l'ostacolo più grave alla nostra competitività. Ma l'atteggiamento conflittuale cessa nel momento stesso in cui tutti salgono sulla stessa barca (o astronave?), condividendo oneri e onori dell'attività d'impresa.
Ne accennavo in parte nelle mie recenti considerazioni circa le assunzioni congiunte di lavoratori dipendenti. Anche le risorse umane e professionali, quando condivise in un contesto di rete, possono trovare piena espressione, invece che essere vissute come un fardello, di cui liberarsi il prima possibile perché si è più preoccupati di risparmiare su tutto che non occupati a fare progetti a medio-lungo termine.
Cosa potrebbe esprimere e cosa potrebbe diventare il nostro made in Italy agroalimentare, nel momento in cui tutti gli operatori della filiera iniziassero a guardare nella stessa direzione? Siete pronti per l'accelerazione a velocità luce?