
In considerazione di ciò, Guido Schnabel, patologo vegetale presso Clemson University, suggerisce che i coltivatori dovrebbero scegliere con precauzione i fungicidi e utilizzarli a rotazione.
Il suo gruppo di ricerca ha raccolto campioni da quattro contee nel North Carolina e da otto nel South Carolina. Hanno riscontrato una resistenza a certe categorie di agenti chimici in tutte le aree esaminate.
Le categorie di fungicidi con il più alto livello di resistenza sono state le QoI, le SDHI e i benzimidazolici. I fungicidi QoI comprendono strobilurine, fenamidone e famoxadone. Gli SDHI comprendono il fluopyram e il boscalid. I benzimidazolici comprendono il benomyl e il tiabendazolo. Tuttavia la resistenza non si è presentata in maniera uniforme, ha riferito Schnabel.
"In alcune aree, i benzimidazolici risultano ancora efficaci, mentre in altre sono attivi gli SDHI". Quello che preoccupa maggiormente Schnabel è capire come si sia diffusa la resistenza. "Non ci aspettavamo di trovare una resistenza così diffusa", ha aggiunto. La resistenza è causata dalla mutazione del fungo nel sito di impiego del fungicida.
"L’attitudine degli isolati resistenti è quella di imporsi sugli isolati sensibili" ha detto Schnabel. "Anche se si smette di utilizzare un fungicida, c’è una buona probabilità che quelli resistenti risultino vincenti su quelli sensibili". In sostanza, potrebbero servire diversi anni di sospensione del fungicida prima che l’organismo fungino riacquisti la sensibilità al prodotto.
Il fungo Botrytis cinerea causa la decomposizione della corona, l’appassimento della polpa e il marciume del frutto. In caso di clima umido e fresco, le piante che non vengono trattate possono perdere fino al 90% di fiori e frutti.
I produttori potrebbero non essere consapevoli del problema della resistenza perché non hanno sperimentato il fallimento completo del prodotto, sostiene Schnabel. In più, il clima relativamente asciutto degli ultimi tempi ha minimizzato l’insorgenza del fungo. "I coltivatori potranno pure applicare i fungicidi regolarmente, ma in realtà è il clima secco che sta tenendo sotto controllo la situazione, non i fungicidi", aggiunge Schnabel.
Per aiutare i produttori a stabilire se nei loro campi sono presenti casi di muffa grigia resistente e quale agente chimico o agenti chimici utilizzare, Schnabel, insieme ad una squadra, sta sviluppando dei kit di prove sul campo. Questi sono simili ai kit di controllo che egli ha contribuito a sviluppare per i coltivatori di pesche del sud-est, con isolati resistenti al marciume nei loro frutteti. L’idea è che i produttori testino gli organismi fungini che causano la muffa grigia e che poi evitino di usare i prodotti cui il fungo risulta resistente.
Schnabel, così come Natalia Perez, patologa vegetale dell’Università della Florida a Balm, testerà in primavera il kit sul campo, insieme ai produttori. "Li abbiamo provati in laboratorio e hanno funzionato in maniera eccellente" ha riferito.
Il loro lavoro fa parte di un progetto di quattro anni, finanziato con 2,9 milioni di dollari dal Dipartimento americano dell’agricoltura e volto allo sviluppo di un sistema di previsione per due fitopatie fungine delle fragole. Gestire la resistenza ai fungicidi fa parte del progetto di ricerca.