Si è chiusa con grande soddisfazione e arricchimento l'esperienza de "La Grande Bellezza Italiana" (LGBI) al Macfrut 2025. Con una serie di incontri tenuti nell'Agorà, l'ampia piazza al centro dello stand collettivo, è stato raggiunto l'obiettivo di mettere al centro della fiera di riferimento per la filiera ortofrutticola i temi caldi del settore, stimolando riflessioni e seminando spunti concreti.
"Siamo la sola rete di imprese nel mondo dell'ortofrutta – ha spiegato Leonardo Odorizzi, uno dei fondatori de La Grande Bellezza Italiana – e volevamo mettere la nostra esperienza di modello aggregativo unico a fattore comune del settore, confrontandola con quella di altre realtà del nostro mondo, per stimolare idee e soluzioni nuove, che possano servire a fronteggiare le sfide sempre più impegnative che i produttori di ortofrutta devono affrontare".
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Se l'obiettivo è condividere modelli aggregativi di successo, per stimolare un processo che nel sistema ortofrutticolo tarda a realizzarsi causando di fatto un blocco della crescita del settore, diventa necessario partire proprio dal tema dell'aggregazione che, pur essendo al centro del dibattito da anni, rimane una sfida totalmente aperta per il settore agricolo. I tavoli proposti da LGBI su questo tema sono stati due, con il coinvolgimento della GDO, nello specifico Todis di PAC 2000, la più grande cooperativa di imprenditori dettaglianti del sistema Conad nazionale, e di organizzazioni che oggi offrono un brillante esempio di aggregazione in Italia, come la stessa Grande Bellezza Italiana, Melinda e UNAPera.
Gli incontri sono serviti a ribadire non solo le diverse esigenze cui l'aggregazione risponde (proteggere la produzione, trovare valore da distribuire agli agricoltori, aumentare la capacità d'investimento e creare opportunità di scambio), ma anche per raccontare i diversi percorsi che possono portare a efficaci modelli aggregativi. Infatti: "Non possiamo standardizzare l'aggregazione con un modello unico – sottolinea Odorizzi – perché l'Italia ha una ricca biodiversità sotto tutti i punti di vista, e credo che ognuno debba trovare il modello giusto per le proprie necessità".
Un altro tema caro a La Grande Bellezza Italiana, e individuato come fondamentale sia dal mondo produttivo sia dal mondo distributivo, è quello del marchio, inteso come brand che possa aiutare i consumatori a comprendere la qualità e tutto quello che c'è dietro a un determinato prodotto, ma anche a creare valore per i territori di produzione, in particolare con i prodotti IGP e DOP.
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Nel tavolo dedicato proprio alle tipicità regionali, a cui hanno partecipato da una parte i presidenti di diversi Consorzi di tutela (Alessandra Campisi – Consorzio Limone di Siracusa IGP, Michele La Porta – Consorzio Uva di Puglia IGP, Cristiana Furiani – Consorzio Radicchio di Verona IGP, Domenico Sacchetto – Consorzio Mela Rossa Cuneo IGP, Elisa Traverso – Consorzio Basilico Genovese DOP) e dall'altra diversi responsabili marketing e vendita della GDO (Giancarlo Amitrano – responsabile acquisti ortofrutta CEDIGROS, Nicola Biasiolo – responsabile acquisti UNICOMM, Andrea Pirovano – responsabile qualità CRAI, Damiano Cosma – category buyer COOP Alleanza 3.0), il dibattito è stato vivace e stimolante, a partire dall'intervento di Mauro Rosati, direttore generale della Fondazione Qualivita, il quale ha sottolineato come sia arrivato il momento per il settore ortofrutta "di diventare la punta di diamante del mondo IGP" attraverso diversi strumenti, tra cui anche il rapporto tra OP e Consorzi, "che spesso non si parlano, ma quando succede riescono a creare una strategia di filiera imbattibile, come nel caso di Melinda e la Val di Non".
Anche il punto di vista della GDO sembrerebbe favorevole a una strategia che punti alla valorizzazione dei marchi in ortofrutta. Damiano Cosma di COOP ha ricordato che l'insegna è nota per l'attività di valorizzazione dei prodotti del territorio, ma che a volte si perdono alcune occasioni di inserire produttori nella GDO, perché "i fornitori locali hanno paura quando si comincia a parlare di qualità, logistica, ecc., e in questo senso penso che l'aggregazione possa dare nel medio termine un'opportunità di valorizzare molto di più alcune eccellenze, come oggi noi non riusciamo a fare".
Giancarlo Amitrano di Cedigros ha toccato la questione del packaging, evidenziando che il prodotto confezionato è da preferire nel caso di DOP e IGP, perché "la confezione può raccontare il valore aggiunto dell'eccellenza del territorio", portando proprio l'esempio del recente e innovativo packaging del Cavolfiore della Piana del Sele IGP realizzato da La Grande Bellezza Italiana, e aggiungendo che "questo ortaggio si produce ovunque, ma quel vestito può fare la differenza, raccontarne le peculiarità".
Abbastanza d'accordo anche Nicola Biasiolo, di UNICOMM, il quale ha rimarcato l'importanza del packaging per dare certezza ai clienti che il prodotto arrivi da quello specifico territorio: "Abbiamo posto questa domanda ai nostri clienti nei punti vendita, e il 60% ha risposto che non si fida molto dei prodotti sfusi con le diciture DOP e IGP, perché non si sentono sicuri che arrivino dalla zona di produzione".
Packaging che raccontino una storia, quindi, che siano sinonimo di garanzia per una qualità sempre costante, ma che abbiano anche il coraggio di 'osare' per attrarre i consumatori più giovani, che non vedono il settore ortofrutta come interessante, nonostante siano molto ricettivi rispetto all'alimentazione sana e all'innovazione. "Le nuove generazioni cercano prodotti legati al mondo della salute e del benessere – ha detto Davide Rognoni, (Conad) durante l'incontro "Giovani e ortofrutta: una relazione da coltivare", voluto da La Grande Bellezza Italiana per raccogliere anche lo sguardo delle nuove generazioni - come ad esempio l'avocado, che cresce all'interno di Conad a un tasso medio annuo del 22%, insieme al mondo della frutta secca e dei mix, perché il cliente cerca prodotti puliti, pronti, con un contenuto di servizio più alto rispetto a prodotti tradizionali".
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Quindi, salute e benessere, ma anche praticità di consumo e soprattutto informazione. "Sento che nella nostra infanzia è mancata un'educazione verso l'alimentazione – ha spiegato Chiara Gaiardoni, 24 anni, responsabile ufficio vendite de LGBI – e non intendo l'alimentazione sana, ma piuttosto un'educazione sulla stagionalità del prodotto italiano, dove si coltiva all'estero e qual è l'import, o quali sono le differenze tra le varietà, penso ad esempio alle mele. Non si può apprezzare del tutto un prodotto se non lo si conosce fino in fondo, quindi c'è molto da fare, ma non bisogna mollare, lavorando a doppio raggio con la base produttiva perché coinvolgendola riusciamo ad avere un'identità vera, sincera: non c'è nulla da immaginare, basta ripartire dalle basi e raccontare quello che si fa ogni giorno in campagna, come viene trattato un prodotto, o come conviene mangiarlo".
Anche l'aspetto visivo è una chiave per attrarre i giovani: "Il radicchio ha un aspetto e dei colori particolari, ricorda un fiore – rimarca Sofia Furiani, 27 anni, specialist radicchi de LGBI – e noi lo proponiamo già confezionato in una determinata grammatura per evitare gli sprechi, mixando le qualità che attirano per forme e colori diversi", così come è stato per le Clementine del Golfo di Taranto IGP, "per le quali - aggiunge Andrea Bighelli, 30 anni, export specialist de LGBI – abbiamo dovuto trovare una nuova chiave di lettura per attrarre il cliente che combinasse aspetto visivo e praticità, quindi scatola quadrata facile da gestire nel punto vendita e sostenibile, con comoda maniglia".
È un dato di fatto che il settore ortofrutticolo stia affrontando un cambio generazionale sia nei consumatori, sia nelle aziende produttrici, "per questo – evidenzia Camilla Turrina, export specialist de LGBI – è necessario sia avere l'umiltà di guardare al passato e agli sforzi fatti da chi ci ha preceduto, sia immettere idee innovative che possano rispondere ai problemi dei produttori e dei consumatori, anche i più giovani".
Insomma, La Grande Bellezza Italiana in questa edizione di Macfrut si è proposta come un punto di convergenza per le discussioni sui temi più urgenti del settore, "perché siamo convinti – conclude Leonardo Odorizzi – che il primo passo sia non guardare al proprio orticello, ma essere 'generosi' nella condivisione delle esperienze di successo. Questo è quello che abbiamo fatto a Macfrut: ne siamo soddisfatti, e ci auguriamo che generi ricadute positive per tutto il settore".
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