In uno scenario economico internazionale ambiguo e imprevedibile come quello attuale, caratterizzato da una maggiore propensione al risparmio, da un'inflazione europea all'9,1% (in Italia all'8,4%), da una crisi energetica senza precedenti e da un generale aumento del prezzo delle materie prime, si tende sempre più a puntare sui cosiddetti beni rifugio, poiché capaci di assicurare agli investitori protezione e sicurezza in periodi di default economico o di gravi criticità finanziarie.
Tra questi rientrano anche i terreni agricoli, per i quali negli ultimi mesi si sta assistendo a un netto aumento delle quotazioni, in quanto scelti come investimenti alternativi rispetto a quelli tradizionali. Il Covid-19 prima e il conflitto russo-ucraino poi hanno quindi contributo a movimentare la compravendita di terreni agricoli, nonostante le previsioni pre-pandemia fossero poco confortanti per il futuro, con un crollo del valore dei terreni agricoli italiani anche dovuto all'intensificarsi dei cambiamenti climatici.
In Italia, il valore fondiario dei terreni è cresciuto dell'+1,1% rispetto al 2020. In Puglia, ad esempio, questo dato ha toccato anche il +1,6%. Il prezzo medio nazionale per un ettaro di terreno è di 21.000 euro, ma è il nord a far registrare i prezzi più elevati con 42.300 euro/ettaro per il Nord Est e 29.100 euro per il Nord Ovest, mentre si registra un valore di 15.000 euro nel resto della Penisola (Fonte: rapporto Crea).
Chi decide di investire in terreni agricoli non lo fa per ragioni speculative, ma per proteggere i propri risparmi in contesti di crisi geopolitiche e socio-economiche, perché il valore di questi beni è ritenuto intrinseco, ovvero immutabile anche al verificarsi di eventi complessi.
Segnali positivi anche per gli affitti a canoni stabili, dove la richiesta continua a crescere, specie per quei terreni seminativi irrigui e ideali per colture di pregio.