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Moria del kiwi: il coinvolgimento dei batteri anaerobi

La "moria" del kiwi è un fenomeno relativamente nuovo che sta interessando ampie zone di coltivazione del Veneto, Piemonte, Emilia-Romagna e Friuli. Più recentemente il fenomeno ha iniziato ad interessare anche areali di coltivazione più meridionali quali il Lazio e la Calabria.

In tutte le aree dove si è manifestato ha mostrato lo stesso andamento nella comparsa e diffusione del fenomeno: avvizzimenti della parte aerea della pianta soprattutto nel periodo estivo, riduzione della pezzatura dei frutti, forte riduzione e marciume del capillizio radicale, morte della pianta. Il fenomeno interesse sia le cultivar a polpa verde che quelle a polpa gialla, è maggiormente presente negli impianti situati in pianura ma può estendersi anche verso zone declivi.

Impianto di Hayward in provincia di Latina mostrante i sintomi iniziali della "moria" ad inizio estate 

Gli studi effettuati finora hanno consentito di stabilire che la "moria" sembra fortemente correlata ad un eccesso di umidità del terreno che può verificarsi sia a seguito di una somministrazione eccessiva dell'acqua di irrigazione mediante la tecnica dello scorrimento, sia ad eccessi di piovosità caratterizzati dal perdurare dei giorni piovosi e da un volume di pioggia molto elevato nonché dalla tracimazione negli impianti delle acque provenienti dai canali di irrigazione e/o di bonifica e dai fiumi.

Lo stabilirsi di condizioni di elevata umidità nel terreno per un periodo prolungato comporta l'instaurarsi di condizioni di asfissia radicale che possono perdurare anche a lungo. Inoltre, il compattamento del suolo che si verifica a seguito del passaggio delle macchine agricole aggrava la situazione.

Ne consegue che nel terreno compattato ed asfittico si alterano i normali equilibri nella composizione e prevalenza dei microrganismi che vi risiedono. Gli studi finora intrapresi al fine di identificare eventuali agenti fitopatogeni in grado di riprodurre i sintomi sopra elencati hanno preso in considerazione i funghi ed hanno teso ad escludere un qualche ruolo per i batteri. Tuttavia si sottolinea che, a seguito dell'instaurarsi delle condizioni di asfissia nel terreno, è proprio la componente dei batteri anaerobici che solitamente prende il sopravvento, favorita dalla scarsa presenza o assenza totale di ossigeno.

Al fine di verificare sia la presenza che il ruolo patogenico che i batteri anaerobici possono ricoprire nella "moria" del kiwi è stato intrapreso uno studio che ha coinvolto il CREA-Centro di ricerca per l'Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura di Roma, l'Istituto Superiore di Sanità di Roma-Dipartimento di Malattie Infettive e l'Apofruit-sede di Aprilia (provincia di Latina). In tale ambito sono stati prelevati da alcuni impianti di actinidia mostranti i sintomi di "moria" e situati in provincia di Latina sia radici marcescenti che campioni di terreno circostanti. Sono stati, altresì, prelevati campioni di terreno da impianti di actinidia colpiti dalla "moria" nel comune di Bussolengo (provincia di Verona).

Ristagno idrico e compattazione del terreno a seguito di lavorazioni favoriscono l'instaurarsi di condizioni di anaerobiosi nel suolo

Dai terreni, sia quelli prelevati a Latina che a Bussolengo, nonché dalle radici sono stati isolati ceppi appartenenti al genere Clostridium. Inoltre, con alcuni ceppi rappresentativi sono state effettuate prove di patogenicità sia in vivo che in vitro nei confronti di alcune cultivar di actinidia. Entrambe le prove hanno evidenziato che alcuni clostridi sono in grado di provocare la morte delle piante inoculate artificialmente.

Dallo studio è emerso, quindi, che il genere Clostridium è coinvolto attivamente nel fenomeno della "moria" del kiwi. Resta da stabilire, comunque, il ruolo rivestito dai funghi e dai batteri anaerobici nella sindrome e se, come probabile, possano coesistere e collaborare, in fasi successive o concomitanti, alla comparsa dei sintomi ed alla successiva morte della pianta.

L'avere evidenziato un ruolo chiaro per il coinvolgimento dei batteri anaerobici nella "moria" del kiwi apre nuove aree di ricerca sia per la sua ulteriore comprensione che per un suo contenimento. Va detto che la riduzione della componente dei batteri anaerobici del suolo, soprattutto quando permangono le note condizioni di asfissia radicale, non è semplice. Oltre alle pratiche agronomiche fin qui proposte che mirano a favorire lo sgrondo delle acque ed a mantenere quanto più possibile il terreno ben strutturato, vanno individuati ulteriori mezzi di contenimento di tali microrganismi che sono, attualmente, in fase di studio.

Si sottolinea, infine, che lo studio effettuato è stato il primo, in tutta la storia della patologia vegetale, a definire un ruolo per i batteri anaerobici quali responsabili di alterazioni a carico di piante arboree. I pochissimi studi finora svolti, infatti, avevano riguardato esclusivamente marciumi della patata e della carota. 

Per ulteriori informazioni:
Marco Scortichini
CREA-Centro di ricerca per l'Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura
Via di Fioranello, 52
00134 Roma
Tel.: 06 79348102
Email: marco.scortichini@crea.gov.it

Data di pubblicazione: