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Di Rossella Gigli

Le arance rosse OGM non tolgono argomentazioni commerciali al prodotto siciliano; semmai aprono altri spunti di riflessione

La recente individuazione da parte di un team di ricercatori britannici dei geni - denominati "Ruby" - responsabili della pigmentazione rossa delle arance di Sicilia e la conseguente possibilità di "attivare" questa caratteristica anche in altre varietà naturalmente "bionde" di arance è stata percepita come una possibile minaccia alla specificità del prodotto siciliano.

Nel giro di sette anni, infatti, varietà di arance geneticamente modificate saranno disponibili per la produzione anche in aree come il Brasile o la Florida, che non dispongono delle condizioni climatiche idonee alla produzione naturale di arance rosse (vedi notizia su FreshPlaza del 14/03/2012).

A nostro avviso, un aspetto positivo di questa storia è che si apriranno nuove opportunità per un più largo consumo di una tipologia di agrume, le cui proprietà salutistiche sono state ampiamente confermate da studi recenti (vedi notizia su FreshPlaza del 20/03/2012). E le arance rosse siciliane non devono spaventarsi, bensì presentarsi, nei prossimi sette anni, come "the original ones": le uniche e originali rosse di Sicilia, che tutti gli altri cercano di imitare, proprio perché "inimitabili" tesori scaturiti dal connubio tra natura e capacità umana.



Piuttosto, sono i progressi ottenibili mediante la ricerca in materia di ingegneria genetica che aprono una riflessione più profonda sul futuro e sulla sostenibilità economica di un'agricoltura, come quella italiana, che si è chiusa aprioristicamente alle innovazioni in questo campo.

Innovazioni che possono riguardare non solo la nascita di nuovi prodotti "funzionali" - ossia arricchiti di specifici plus salutistici, come nel caso dell'arancia rossa OGM, in buona compagnia con le banane arricchite di ferro (vedi notizia su FreshPlaza del 14/03/2012) - ma anche tutta una serie di vantaggi collaterali per l'agricoltura, quali l'introduzione di nuovi microrganismi utili, o di nuove tipologie di materie prime destinate a prodotti non food (come l'amido della patata Amflora), per non parlare di cultivar resistenti ai patogeni.

Siamo proprio sicuri che non ci interesserebbe, ad esempio, un kiwi OGM - non transgenico, bensì cisgenico (quanta confusione ancora esiste su questo punto!) - che fosse più ricco di nutrienti e al contempo resistente alla batteriosi?