
Laboratorio di micropropagazione Microplant
Con 700mila piante di carciofo moltiplicate per via meristematica in vitro, Microplant è specialista in questa categoria. La maggior parte delle piante viene venduta ad aziende e agricoltori di Sardegna, Lazio, Sicilia e Campania. "Al momento, in Italia, la riproduzione del carciofo - spiega Mauro Masini di Microplant - avviene al 90% per via tradizionale, un 5% per via meristematica e un 5% per seme. Sono dati non precisi, ma verosimili. Noi da tanti anni abbiamo scelto la propagazione in vitro ed è una scelta che si pone all'avanguardia in questa tecnica".

La caratteristica sta nel riprodurre piante tutte uguali, partendo da una pianta madre. I vantaggi sono diversi: "E' oggettivo che le piante riprodotte in vitro - aggiunge Masini - permettono all'agricoltore un aumento di resa, non fosse altro che non vi sono fallanze in campo. Ma non va trascurato neppure l'aspetto della sanità, altro fattore che permette di portare a fine ciclo il maggior numero possibile di piante, che si presentano più vigorose".

Piante in acclimatamento
In questo periodo, il mercato non sta dando grandi soddisfazioni economiche ai produttori e Masini, che visita aziende e parla con i produttori, ritiene che ciò sia dovuto in gran parte all'eccesso di offerta: "Il meteo ha fatto concentrare buona parte della produzione e il mercato non riesce ad assorbirla. Inoltre, ci sono importazioni di carciofo anche dall'Egitto e questo penalizza il prodotto italiano".

I carciofi sono pagati agli agricoltori egiziani attorno a 12 centesimi l'uno, mentre un agricoltore italiano, per non rimetterci, deve ottenere almeno 40-50 centesimi a capolino. Un gap notevole che rende il prodotto africano più competitivo, a discapito dei coltivatori italiani.

Produzione in campo
Microplant ha a disposizione sia piante da acclimatare, sia pronte per il trapianto in campo. Da febbraio a maggio è il periodo degli ordini e la consegna delle piante in genere va da luglio a settembre.

Macfrut 2017: da sinistra Mauro Masini, Lorena Gori e Jacopo Santamaria
"Consiglio sempre ai produttori - conclude Masini - di adottare un sesto d'impianto che non superi le 6500 piante ad ettaro. Densità maggiori possono essere controproducenti".
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