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Oltre un'ora di confronto e dibattito tra produttori all'incontro organizzato dal Comitato Melone a Roma

di Rossella Gigli - Chief editor/Manager FreshPlaza.IT

Non è esperienza di tutti i giorni assistere a un meeting connotato non solo da un vivo interesse nella fase delle relazioni tecniche, ma anche da una lunga, ricca, articolata e propositiva parte di libero dibattito al termine dei lavori.

E' quanto accaduto ieri, 17 marzo 2015, in occasione del primo incontro pubblico del Comitato Melone (costituitosi ad aprile 2014 nell'ambito dell'Organismo interprofessionale Ortofrutta Italia), organizzato a Roma. Oltre un'ora di confronto ha fatto seguito agli interventi dei relatori, con un'aperta discussione circa le proposte avanzate per il potenziamento del settore professionale del melone in Italia: a prendere parte all'evento, che ha contato anche sulla sponsorizzazione da parte di Monsanto-Seminis, oltre sessanta tra esponenti dei principali areali produttivi della Penisola e rappresentanti delle imprese sementiere.


Sopra e sotto: la sala allestita presso l'UNA Hotel, in zona Stazione Termini.



Ettore Cagna, numero uno dell'Agricola Don Camillo di Brescello (RE) e attuale coordinatore del Comitato di prodotto Melone, ha salutato gli intervenuti, passando poi la parola al presidente di Ortofrutta Italia, Nazario Battelli, il quale ha illustrato la natura dello strumento - relativamente recente per l'Italia - dell'interprofessione il quale, però, ha bisogno di essere sufficientemente rappresentativo al proprio interno per essere riconosciuto ufficialmente; inoltre, le decisioni dei vari Comitati di prodotto (ad oggi 16 in Italia per l'ortofrutta) devono essere prese a larga maggioranza dai loro membri, per essere approvate.


Sopra: Ettore Cagna; sotto: Nazario Battelli.



L'interprofessione relativa al melone vede la partecipazione di soci provenienti da diversi segmenti della filiera: dalla produzione, alla distribuzione (con la partecipazione delle tre principali associazioni nazionali, che rappresentano il 75% della moderna distribuzione), fino all'industria (Aiipa e Anicav). Il vero limite dell'interprofessione, oggi, come rilevato da Battelli, è nel dialogo con la controparte politico-amministrativa: "Il rapido avvicendarsi di diversi Ministri al Dicastero dell'Agricoltura non ci ha certo agevolato e anzi abbiamo parecchie pratiche che ancora giacciono al Ministero; tra l'altro, solo da poche settimane sono operativi gli uffici ministeriali deputati a interfacciarsi con l'interprofessione".


Il banco dei relatori, moderati dalla direttrice di FreshPlaza Rossella Gigli.

All'intervento di Battelli è seguita la relazione tecnica di Elen Jones-Evans, operante dal 2008 presso Monsanto come breeder nel segmento del melone. Forte dei suoi 52 centri di ricerca il 17 Paesi, Monsanto, con i suoi marchi Seminis e De Ruiter lavora attraverso un approccio olistico al miglioramento varietale di numerose orticole, tra cui il melone. Gli strumenti che il genetista ha oggi a disposizione per la costituzione di ibridi varietali (che possiedono il vantaggio di incorporare caratteri diversi in modo complementare, oltre a presentare uniformità, stabilità e vigoria) sono di grande efficacia per rendere più brevi i tempi per il rilascio di una nuova selezione.


Un passaggio dell'intervento di Elen Jones-Evans (in foto qui sotto).



"Oltre ai testi di patologia per individuare gli ibridi resistenti e ai già noti marcatori molecolari, sorta di etichette che ci permettono di guardare dentro la pianta prima di procedere alle successive operazioni di selezione, oggi la frontiera - ha spiegato Elen - si chiama seed chipping. Praticamente si tratta di analizzare solo una parte del seme, prima ancora che germogli e dia la piantina, per ottenere i medesimi risultati che si ottengono con i marcatori molecolari. Ciò accelera ulteriormente il processo di miglioramento varietale e consente a Monsanto-Seminis di rispondere alle esigenze qualitative di produttori, distributori e consumatori. La sfida maggiore al momento è quella di mantenere e migliorare l'aroma del melone senza perdere in compattezza della polpa".



A seguire, la relazione di Luciano Trentini (nella foto qui sopra) circa le principali statistiche riguardanti il melone: produzione, import-export e consumi (cfr. articolo correlato). Due dati su tutti: le esportazioni italiane di melone sono ancora ridicolmente basse; d'altra parte, la penetrazione del melone presso le famiglie acquirenti italiane è ancora ferma all'87% (con consumi medi annui di 8,8 kg l'anno), dunque con ampi margini di crescita.



Stimolato dagli interventi di Pietro Ciardiello (Coop Sole - in foto qui sopra), Bruno Francescon (OP Francescon - in foto qui sotto), Ettore Cagna e degli altri relatori, ha poi preso avvio il confronto tra gli operatori.



Ipotesi di lavoro
Tra le varie ipotesi di lavoro, quella di darsi delle regole comuni per una produzione di qualità sempre medio-alta, anche rinunciando alla quota di prodotto "meno riuscito", al fine di connotare il prodotto italiano per le sue caratteristiche distintive, puntando a fidelizzare il consumatore interno e a lavorare sull'estero (previe indagini di mercato) è sembrata la linea di maggior concordia tra i partecipanti.

Che poi ciò possa essere raggiunto attraverso regole riconosciute a livello nazionale (tipo erga omnes scaturita in ambito interprofessionale) o mediante un impegno volontario su obiettivi condivisi, il risultato sarà quello che conta.

Ovviamente: serve prima di tutto mettere insieme una cordata di aziende produttive che rappresentino una percentuale significativa dell'intera produzione nazionale del melone e serve anche tirare fuori qualche soldo (sommandolo, comunque, alle risorse OCM ortofrutta che esistono e che non sono quattro spiccioli!).

Chiunque intenda proseguire sul percorso indicato nella riunione e/o necessiti ulteriori informazioni, può rivolgersi a:
maurizia@cagnabenelli.it inviando la mail in copia anche a ettore@melonedoncamillo.it