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Valorizzazione dei frutti e difesa delle piante dal Psa, le azioni qualificanti

"Il kiwi "ai raggi X": al via un progetto biennale della Regione Veneto"

Con un finanziamento pari a 1,06 milioni di euro, la Regione Veneto ha approvato il Progetto biennale di innovazione "Difesa della pianta del kiwi e valorizzazione dei suoi frutti" (Delibera n. 2587 del 23/12/2014) che ha come partner attuatore il Dipartimento di Biotecnologie dell'Università di Verona.

FreshPlaza ne parla con Veronica Bertoldo (nella foto qui accanto), responsabile dell'Ufficio Associazionismo agricolo regionale, fermamente convinta del valore strategico del programma e dei risvolti positivi che ne potranno derivare per i produttori e, anche, per i consumatori.

"Il kiwi - illustra - riveste un ruolo di particolare importanza nella nostra regione, anche se l'80% della produzione è concentrato nel Veronese, zona vocata con terreni morenici capaci di conferire al prodotto qualità organolettiche e morfologiche del tutto particolari. Con il 15% del totale nazionale, il Veneto si colloca tra le prime quattro regioni produttrici italiane".

"Con il progetto che è appena partito - spiega la responsabile dell'Ufficio Associazionismo - saranno approfonditi i risultati ottenuti nell'ambito di un programma regionale, in scadenza il prossimo ottobre, che utilizza le analisi metabolomiche sui frutti, una vera e propria radiografia dei kiwi. Una caratterizzazione qualitativa che è stata condotta sui principali prodotti ortofrutticoli veneti e il loro ambiente di coltivazione".



"Su questo tipo di ricerca, il team coordinato dalle prof. Flavia Guzzo e Annalisa Polverari è all'avanguardia e il loro lavoro è eccezionale, in quanto hanno rilevato quantità significative di sostanze psicoattive quali la triptamina, la serotonina e la melatonina, mai riscontrate prima in kiwi (in realtà, la serotonina è stata rilevata in quantità modeste non compatibili con l'attività biologica, NdA). Insieme al triptofano, alla vitamina C e ad altri antiossidanti fenolici, questo straordinario fitocomplesso potrebbe essere responsabile di alcuni effetti benefici sul sistema nervoso dell'uomo, quali ad esempio il miglioramento dell'umore e la diminuzione dei problemi di insonnia, già riportati da qualche gruppo di ricerca, ma privi di una spiegazione scientifica".

"Triptofano, triptamina, serotonina e melatonina – prosegue Veronica Bertoldo - sono infatti note sostanze neuro-attive. La serotonina, ad esempio, regola il tono dell'umore e previene la depressione. Vitamina C e polifenoli potrebbero avere un effetto sinergico in quanto forti antiossidanti per difendere le molecole neuro-attive dall'ossidazione. Tutto ciò porta a pensare che le proprietà benefiche sull'umore siano proprio da ascriversi a queste molecole e non, come si pensava fino ad oggi, alla sola vitamina C di cui il kiwi è ricchissimo".

Con la prima azione di valorizzazione dei frutti della pianta del kiwi saranno pertanto caratterizzate e quantificate tali sostanze, valutata la loro biodisponibilità e gli effetti benefici sull'uomo, nonché studiata la loro biologia.

Secondo Veronica Bertoldo, la scoperta presenta grandi ricadute anche per le fasi di valorizzazione e di marketing dei kiwi con un probabile aumento dei consumi e dello stato di salute del consumatore. Non solo, si valuteranno metodi colturali e di conservazione post-raccolta che favoriscano il più possibile la presenza delle molecole psicoattive nei frutti. In questo contesto, la collaborazione con il mondo produttivo diventa fondamentale perché, dopo l'identificazione in laboratorio delle condizioni potenzialmente migliorative, sarà necessario allestire le prove in campo per il trasferimento dei risultati.



Nel 2010, quando la batteriosi (Pseudomonas syringae pv. actinidiae, Psa) è stata ufficialmente accertata in Veneto, la superficie coltivata ad actinidia era di circa 3.200 ettari e, ad oggi, ne sono stati estirpati circa 200.

"Con il progetto - precisa Bertoldo - si vuole rispondere alle esigenze del mondo produttivo locale che necessita di soluzioni innovative, a basso impatto ambientale e più efficaci rispetto a quelle fino a oggi adottate nella lotta alla batteriosi".

"Gli attuali piani di difesa utilizzano prevalentemente formulati a base di rame, con ricadute eco-tossicologiche che ne hanno comportato una progressiva riduzione in agricoltura, oltre a problematiche legate alla comparsa nel patogeno di genotipi resistenti a tali sostanze attive. Questo grave problema, che perdura ormai da diversi anni, sta fortemente condizionando l'attività imprenditoriale dei nostri agricoltori e quindi è giusto intervenire in loro aiuto. Tutti dobbiamo dimostrare responsabilità verso il territorio: sia gli agricoltori, che ne rappresentano i primi tutori e custodi, sia le Amministrazioni pubbliche, al fine di creare azioni sinergiche e un vero e proprio lavoro di squadra".

La seconda azione per la difesa della pianta del kiwi ha dunque l'obiettivo di identificare metaboliti e geni espressi specifici del Psa e della sua virulenza nei confronti di actinidia, andando a scoprire i segnali molecolari prodotti dalla pianta che regolano e/o attivano il contagio, in modo da fornire così le conoscenze di base per nuove strategie di difesa che poggino sull'inibizione della virulenza del batterio. Si passerà poi a identificare nuove sostanze che possano rispondere all'esigenza di contrastare la virulenza batterica, inibendone il contagio, ma senza un'azione di tipo antibiotico, per evitare l'insorgenza di genotipi resistenti nella popolazione patogena. Infine, sarà valutato l'impiego di formulazioni nanoincapsulate di molecole attive in grado di veicolare queste ultime all'interno dei tessuti della pianta per un loro direzionamento verso il bersaglio batterico al fine di aumentarne l'efficacia.

"Con questo progetto - conclude Veronica Bertoldo - il Veneto ha la fortuna di giocare in casa, dal momento che il Dipartimento di Biotecnologie dell'Università di Verona, particolarmente attivo nel territorio, annovera studiosi appartenenti a diverse aree scientifiche e si caratterizza per una forte sinergia interdisciplinare tra le scienze biologiche e chimiche, da un lato, e le scienze agrarie, dall'altro lato".