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"Distribuzione, vendita e comunicazione al consumatore i punti critici della "filiera mela"

Ieri, durante il convegno 'La Mela nel Mondo', non poteva mancare una parentesi sulla melicoltura altoatesina (e italiana più in generale). Vuoi perché è di casa a Interpoma: e infatti la principale fiera di settore si tiene proprio a Bolzano, come hanno sottolineato pure le tante autorità presenti durante l'inaugurazione. Vuoi perché il 50% delle mele italiane esportate vengono da qui. Vuoi pure perché, nell'Anno Internazionale dell'Agricoltura Famigliare (il 2014), la FAO ha scelto il modello altoatesino come simbolo di efficienza e buona pratica. Ma vuoi pure perché quando una cosa va bene poi è difficile vederne i punti d'ombra; allora quale occasione migliore per farli emergere se non nel bel mezzo di una fiera dedicata?

All'analisi ci ha pensato Gottfried Tappeiner, docente presso l'Università di Innsbruck (Austria), il quale ha sottolineato come "chi ha questi livelli (quelli della melicoltura dell'Alto Adige e italiana in generale, NdR) deve essere proattivo e non farsi travolgere dalle novità. La struttura dell'offerta deve essere ottimizzata, su tutta la filiera".


Gottfried Tappeiner ieri, durante il suo intervento al convegno internazionale 'La Mela nel Mondo'.

"Dal punto di vista della produzione - ha continuato - l'Alto Adige appare esemplare: 7mila produttori, con appezzamenti medi di 2,5 ettari. Se andassimo a dire a un qualsiasi esperto di qualità ‘con questi numeri devi fare un prodotto di qualità’ tutti risponderebbero ‘impossibile’. Eppure qui è la realtà".

Per spiegare la situazione Tappeiner ha usato un altro aneddoto: poco tempo fa "un generale tedesco rimase sorpreso scoprendo che in Alto Adige, in situazioni d'emergenza, un sms inviato alle 4 del mattino poteva mobilitare alle 6 di quello stesso giorno migliaia di trattori. Eppure quest'efficienza negli altri livelli della filiera non c'è. A partire dalla comunicazione, che manca".

"In Alto Adige - ha spiegato - siamo passati da 45 a 25 cooperative. La tecnologia di conservazione è all'avanguardia e su questi punti sono quindi tranquillo", ossia: margini di miglioramento ce ne sono, ma si parla di lievi limature.

"Gli aspetti della filiera dove le sfide sono più pressanti sono la distribuzione e la vendita. Percepiamo la qualità alla produzione, ma al produttore che cosa arriva? Il potenziale è nel miglioramento della comunicazione reciproca e il futuro è il risk sharing sull'invenduto", ha commentato.

Per il professore c'è poi da migliorare l'assistenza al consumatore finale. "Sul piatto - ha detto - ci sono tante singole iniziative di promozione del prodotto, ogni marchio ha la sua pubblicità, ogni cooperativa il suo sito, ma se mettiamo tutto insieme si trae un'immagine di confusione: manca una strategia coordinata. La cosa va bene a livello provinciale, ma a volumi più grandi non funziona, sono gocce nel deserto. Perché le mele sono suscettibili alle preferenze del consumatore, e queste dipendono dalla qualità, certo, ma pure dalla capacità di un prodotto di attecchire nella mente del consumatore, di diventare per lui un prodotto insostituibile".