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Di Rossella Gigli

Ma perche' le lezioni di Solidarieta' nel settore del retail devono arrivarci dall'estero?

Lo abbiamo scritto a chiare lettere lo scorso 2 ottobre, facendo anche il verso ad una celeberrima canzone di Zucchero: "Solo una sana e consapevole solidarietà puo' salvarci dal tracollo delle vendite e dal sottocosto", ma - a parte qualche gradito apprezzamento - siamo stati probabilmente giudicati dei folli visionari.

Tranne poi scoprire che l'Italia ha perso l'ennesima occasione di mostrare qualcosa al mondo, di dare il buon esempio e di diventare un modello da seguire. Sono state infatti le catene britanniche della grande distribuzione ad impegnarsi concretamente nel primo esperimento di supermercato sociale della storia, come si può leggere qui: "Inaugurato in Gran Bretagna il primo supermercato sociale".

Si tratta della versione oltremanica di quello che sarebbe perfettamente fattibile anche qui da noi: cedere una parte dei prodotti alimentari a canali di aiuto e sostegno alle famiglie in difficoltà. Un percorso virtuoso e di responsabilità collettiva nel quale potrebbero rientrare anche i prodotti deperibili come frutta e verdura (si legga quanto scrivevamo a settembre con il nostro editoriale "Consumi e solidarietà: l'usanza del "caffè sospeso" adattata all'ortofrutta").

Il problema del nostro Paese non sta nel fatto che manchino le idee, ma nel fatto che non c'è il minimo coraggio di metterle in pratica da parte di chi pure potrebbe e dovrebbe farlo.

Per ricollegarci alle ricette basate sulle parole con la lettera "S" (leggi resoconto sul 14mo Rapporto Ortofrutta di Agroter, per Mercati di "Mark-up"), forse SERIETA' e SOLIDARIETA' rappresentano due "S" che ci serverebbero davvero, specialmente quando intere fasce di popolazione non hanno più SOLDI da spendere.