"Il catasto e' rimasto a quarant’anni fa, quando l’agrume era pianta pregiata e redditizia"
"Sono perfettamente d’accordo con l’agrumicultore che lamenta il senso di totale abbandono da parte del governo e delle amministrazioni locali nonché, come le definisce lui, delle "tre sorelle" (i sindacati agricoli) - sostiene Marco Ragni, ricercatore presso l'Università di Bari - L'IMU, in agricoltura, è una tassa profondamente ingiusta perché colpisce violentemente il settore primario, assimilato impropriamente a beni immobili quali gli appartamenti."
"In alcuni Comuni, addirittura, sono state applicate aliquote (10,6 x mille) pari a quelle applicate per la seconda casa, nel caso in cui l’imprenditore non avesse, o avesse perso (specie se pensionato), i requisiti di iscrizione all’INPS."
"Il caso degli agrumeti è poi emblematico - continua Ragni - forse non tutti sanno che un agrumeto, secondo il catasto, ha un reddito dominicale che è quasi tre volte quello del miglior frutteto o vigneto apirene e, paradossalmente, il calcolo dell'IMU si effettua proprio sulla base del reddito dominicale. Perché questo? Perché il catasto è rimasto indietro di quarant’anni, quando l’agrume era pianta pregiata e redditizia."
"La Comunità europea destina annualmente ai conduttori di agrumeti erogazioni finalizzate al sostentamento delle spese di produzione, che non vengono ormai coperte dalla vendita del prodotto. Risultato? Povertà per gli agrumicultori che pagano l'IMU e brutta fine per le vecchie varietà ancora poco apprezzate e poco produttive che sono destinate ad un inesorabile destino, l’espianto, con grave perdita della biodiversità locale."