Batteriosi del kiwi: vietati nuovi impianti di actinidia in Veneto
"Il divieto di nuovi impianti – ha spiegato l’assessore regionale all’agricoltura Franco Manzato – è finalizzato ad impedire la messa a dimora di materiale vivaistico che non abbia sufficienti garanzie fitosanitarie". In Veneto la coltivazione del Kiwi è praticata su oltre 3.200 ettari, per una produzione media annuale di 76.000 tonnellate di frutta con un valore alla produzione di oltre 40 milioni di euro. Lo Pseudomonas syringae pv. Actinidiae ha fatto la sua comparsa nel territorio regionale durante il 2010 e i suoi attacchi provocano un deperimento delle parti colpite e la successiva morte della pianta. A rendere il batterio estremamente pericoloso è la facilità con la quale si diffonde nell’ambiente in maniera epidemica mentre, in base all’attuale stato delle conoscenze scientifiche, non vi sono metodi di difesa attiva per contrastarlo e per prevenirne i danni.
Fino ad ora si è intervenuti con la distruzione dei frutteti colpiti, per la quale agli imprenditori agricoli interessati vengono corrisposti contributi finanziari. Nel contempo, l’Unità regionale per i Servizi Fitosanitari ha avviato un monitoraggio sistematico dei campi di produzione vivaistica e un’indagine a campione dei frutteti di actinidia, per accertare la presenza dell’agente patogeno. Il monitoraggio dei frutteti, effettuato a primavera, ha interessato oltre 300 ettari di superficie appartenenti a circa 140 aziende situate nelle province di Verona, Treviso, Rovigo e Padova ove sono situati la quasi totalità dei frutteti di kiwi del Veneto. L’indagine ha verificato una presenza della malattia diffusa in modo non omogenea nelle aziende e sintomi gravi a carico di un numero consistente di piante sono stati riscontrati in 14 aziende i cui impianti sono stati, nella maggior parte dei casi, realizzati nel 2011 con materiale vivaistico di 1 o 2 anni.
Anche nei controlli sistematici su tutti i vivai con centri di produzione in Veneto è stata trovata la batteriosi con conseguenti distruzione del materiale e limitazioni della movimentazione del materiale vivaistico. "L’esperienza acquisita sui controlli dei materiali vivaistici – ha concluso Manzato – ha peraltro evidenziato che non esistono al momento conoscenze scientifiche per determinare con certezza la presenza del batterio e consentire la commercializzazione esclusivamente di piante sane: i sintomi si possono Infatti manifestare anche dopo un lungo periodo durante il quale la pianta è infetta pur in modo asintomatico. Di qui la decisione di vietare i nuovi impianti fino a tutto il prossimo anno".