"La propaganda sul cibo a "km zero" si rivela un boomerang per le produzioni italiane"
Paesi che pensavamo dipendenti a vita dalle nostre esportazioni agricole e ortofrutticole - vedi Gran Bretagna o Germania - si rivelano perfettamente in grado di tradurre in realtà il "km zero" su vasta scala: vedasi come caso emblematico il mega-complesso serricolo Thanet Earth (leggi qui). Ma anche gli esempi tedeschi riportati negli articoli odierni sulla produzione di peperoni in serra (leggi qui) o sulla promozione delle patate biologiche locali (leggi qui), indicano che all'estero la "filiera corta" sta diventando modello d'impresa e di sviluppo, con ricadute negative proprio per noi.
L'Italia, infatti, primo produttore di frutta e verdura dell'Unione Europea, vedrà progressivamente ridursi le opportunità di vendita sui suoi mercati tradizionali e, paradosso dei paradossi, dovrà - per continuare a sopravvivere - ampliare enormemente il proprio raggio d'azione verso nuovi e più lontani mercati, con buona pace del "km zero".