La stagnazione economica tedesca preoccupa e non poco gli operatori ortofrutticoli italiani. La Germania è da sempre il cliente numero uno per le referenze agricole italiane. Sono molte le incertezze e gli interrogativi che si profilano all'orizzonte: cosa può accadere all'Italia, con un'economia tedesca in recessione? Se il potere d'acquisto del cittadino tedesco medio dovesse diminuire ancor di più, come e dove si commercializzeranno i prodotti italiani? E, inoltre, da chi si approvvigionerà la Germania? L'offerta italiana reggerà il confronto con quella più competitiva di Magreb, Turchia e di nuovi player come l'Albania?
Ne parla in un'intervista Massimo Pavan, esperto agromanager veneto, da tempo trasferitosi in Sicilia, dove dirige un'azienda impegnata nella produzione e commercializzazione di carote, pomodoro e altre orticole.
Massimo Pavan
"Siamo davanti a una situazione completamente nuova – dice Pavan – che nessuno avrebbe potuto mai aspettarsi. La Germania, locomotiva d'Europa, si ritrova ad avere più di qualche problema nelle sue finanze. Già si parla di recessione, un termine che la Germania non conosce dal secondo dopoguerra, o comunque a mia memoria. La crisi in Ucraina e il conseguente aumento del costo della vita che, ricordiamoci bene, segue la pandemia, ha fatto si che le imprese rinunciassero agli investimenti: siamo davanti a un cambio di paradigma".
Nel grafico sopra si evince come la Germania sia il maggior importatore di pomodoro in ambito comunitario. Dal 2022, con l'inizio della crisi in Ucraina, le importazioni sono in flessione. (Fonte Commissione Europea).
"Il PIL tedesco è in discesa. Ora, non volendo entrare nel campo dei numeri, appare comunque chiaro che la situazione è preoccupante – spiega l'esperto - anche alla luce del fatto che la Germania rappresenta la destinazione numero uno per volumi e valore dei nostri prodotti ortofrutticoli. Le proiezioni degli esperti non fanno presagire miglioramenti per il futuro prossimo. Il 2023 è stato chiuso in recessione e il 2024 altrettanto. Si apre uno spiraglio per il 2025, con una crescita presunta dello 0,9%, cifra inferiore alle precedenti previsioni che lo davano all'1,5%, e già si parla di crisi strutturale".
"C'è da augurarsi che le cose non volgano al peggio – conclude Pavan – ma non dovremo farci trovare impreparati e orientare il nostro lavoro da una parte verso il miglioramento degli standard qualitativi e dall'altra razionalizzando, attraverso l'innovazione, i costi di produzione. Restare competitivi in questo nuovo scenario è l'obiettivo principale; diversamente ci attenderanno tempi molto difficili".
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