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Anita Minisci, Op Carpe Naturam

"Fare agricoltura biodinamica è un avanzamento culturale"

"In un momento di poca dinamicità della nostra realtà, c'era bisogno di un ulteriore passo innovativo. Siamo così approdati alla biodinamica, un sistema di coltivazione complesso, allo scopo di migliorarci a livello produttivo. Dopo circa tre anni di studi approfonditi, di attuazione di determinate procedure, di produzione di mezzi tecnici propri e di sperimentazione, abbiamo raggiunto la soglia della certificazione. Se all'inizio è stato tutto 'lavoro e sudore', spinto dalla voglia di cambiamento, un po' più avanti sono arrivati anche i benefici dell'agricoltura biodinamica. Quando, circa 15 anni fa, abbiamo iniziato con questo sistema di coltivazione, non c'era convenienza commerciale e il mercato recepiva poco la biodinamica. Non abbiamo giudicato solo i numeri a quel tempo, e la nostra lungimiranza ci ha ripagato".

A spiegarlo è Anita Minisci, responsabile commerciale e gestione logistica dell'Organizzazione di produttori Carpe Naturam. L'Op nasce nel 2006 dall'unione di aziende storiche biologiche della Piana di Sibari e dell'alto Jonio cosentino, in Calabria, e può essere considerata di fatto tra i pionieri del biologico in Italia. I soci produttori sono presenti nel mondo della produzione agricola da oltre cinquant'anni.


Anita Minisci (prima da destra) con i fratelli Maria Grazia e Angelo

"Abbiamo scelto la biodinamica come metodo di coltivazione, non come un punto di arrivo e convenienza, in quanto la vendita dei prodotti biodinamici segue tendenze cicliche, che bisogna aspettarsi in relazione all'andamento economico e culturale. E, a posteriori, posso dire che abbiamo fatto bene - continua Minisci - Parlando di ciclicità, dopo i primi anni si è infatti registrata una svolta per le produzioni biodinamiche: la certificazione Demeter era molto richiesta in Europa. Si trattava però di un nuovo strumento commerciale e gli operatori ignoravano completamente la filosofia che vi stava dietro".

"Se quest'anno l'agricoltura biodinamica celebra i suoi primi 100 anni, vuol dire che tale sistema di coltivazione è valido. E, in base alla nostra esperienza, è il metodo migliore possibile al momento. Oggi, le nuove misure PAC e il Green Deal ci conducono verso una soluzione che la biodinamica ci ha insegnato almeno 30 anni fa".


I terreni dedicati a drupacee biodinamiche

"Da questo cosa possiamo dedurre? Che la sperimentazione in agricoltura non finisce mai", spiega Minisci. "L'avanzamento culturale di un popolo spesso determina anche il suo stato di salute e fare agricoltura biodinamica è un avanzamento culturale. Bisogna però lavorare in due fasi: un primo step di conoscenza e studio; una seconda fase organizzativa e produttiva. È difficile infatti portare a casa un risultato operativo utile, se non si è compreso il concetto di partenza, perché quando si andrà ad applicarlo, questo verrà applicato male".

Drupacee biodinamiche per almeno 50 giorni
Oltre a coltivazioni biodinamiche di agrumi, la cui stagione è terminata, al momento la Op propone drupacee, cui sono dedicati circa 40 ettari, 35 su terreno collinare, totalmente biodinamico dall'inizio. Le prime drupacee biodinamiche della Op risalgono al 2007. "Siamo in piena produzione con albicocche, pesche, nettarine e pesche piatte, in pieno campo. Abbiamo iniziato ai primi di maggio e termineremo intorno al 30 giugno. Riscontriamo una resa inferiore nelle pesche del mese di maggio, perché l'alternanza caldo-freddo ha causato problemi in fioritura e nella conseguente allegagione. La qualità è però ottima, con pezzatura grande e buon gusto", sottolinea Minisci.


35 ettari di terreno collinare, totalmente biodinamico dall'inizio, e dedicato a drupacee

La Op Carpe Naturam è prevalentemente vocata all'esportazione, in tutta Europa. "L'80% della nostra produzione di drupacee va all'estero, dove i nostri frutti sono maggiormente valorizzati: Germania, Austria, Svizzera, Paesi Bassi, Belgio, Regno Unito (dove con la Brexit si è appesantita la parte burocratica), Danimarca. Siamo anche partner di alcune catene di distribuzione italiane da diverso tempo - continua Minisci - Da qui a fine giugno, a fronte di una minore resa, mi aspetto di gestire meglio la materia prima, realizzando meno scarto".

"Sarebbe auspicabile un'industria di trasformazione biodinamica"
"I produttori biologici e biodinamici devono già fare i conti con una resa inferiore rispetto al metodo di coltivazione a lotta integrata. Quindi, se non si è bravi a fare rete all'interno della filiera, si finisce con il perdere parte di prodotto che rappresenta la sopravvivenza (non si parla di mero guadagno, ndr). Sarebbe auspicabile che la filiera biodinamica si dotasse di una sua industria di trasformazione e che mettesse tutti noi produttori in un'unica rete. Un albicocca troppo matura o segnata dal meteo, per esempio, non può essere buttata! Necessitiamo di un polo, di una regia comune, al fine di valorizzare le referenze da industria e quegli scarti che si realizzano".


Anita Minisci mostra le pesche piatte biodinamiche prodotte da un'azienda facente parte della Op Carpe Naturam

Foto articolo fornite da Demeter Italia

Per maggiori informazioni:
demeter.it
www.carpenaturam.it