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Resoconto dal convegno sui brevetti svoltosi a Macfrut

"La protezione delle varietà si estende fino al frutto, non solo alle piante"

"La normativa UE che regola la protezione dei diritti di proprietà intellettuale delle nuove varietà vegetali presenta almeno tre elementi di peculiarità, che la contraddistinguono da legislazioni simili in altri paesi, USA in particolare". Lo ha affermato Daniele Bassi dell'Università degli Studi di Milano, intervenendo al Macfrut a un convegno dedicato.

Un momento della tavola rotonda

"Punto primo: la protezione si estende fino al frutto, per cui l'operatore (compreso il venditore finale) che possiede i frutti di una varietà protetta, deve saper render conto della provenienza di tali frutti, così che si possa risalire ad eventuali utilizzi non autorizzai della cultivar protetta. Punto secondo: la protezione si estende anche alle mutazioni che eventualmente dovessero insorgere, garantendo così da una troppo facile 'elusione' dei diritti del costitutore, che ha sostenuto l'onere dell'ottenimento della varietà originale. Terzo: non è impedito l'utilizzo del polline da parte di terzi: in questo modo non si limita l'allargamento della base genetica della specie. Questi gli aspetti positivi. Esistono però criticità", ha detto Bassi.

Stefano Lugli coordinatore del Salone

Il titolo del convegno era "La filiera dell'innovazione varietale in frutticoltura: brevetti, forme di protezione e modelli di sviluppo commerciale", promosso da SOI (Società di Ortoflorofrutticoltura Italiana) e CIVI Italia nell'ambito del Salone del Vivaismo (Plant nursery Area). Coordinatore degli eventi del Plant nursery Area era l'esperto Stefano Lugli.

Intervento di Walter Guerra sul melo
Walter Guerra, del Centro di sperimentazione Laimburg, ha parlato di melo. "L'attività di miglioramento genetico del melo a livello globale ha raggiunto i massimi storici come intensità. È auspicabile che anche in futuro i tanti nuovi ibridi vengano testati nell'ambito di prove indipendenti come quelle della rete EUFRIN con oltre 20 istituzioni pubbliche europee, tra cui 5 italiane, prima di essere messe a dimora con un investimento importante a lungo termine. Oltre agli ibridi nel mondo del melo si riscontrano una miriade di mutazioni sempre più simili che mettono a dura prova gli esaminatori del criterio della distinguibilità, una delle prerogative per ottenere una privativa. Il melo è la specie frutticola in cui sono nati i primi progetti di introduzione sul mercato con vincoli di esclusività, allo stato attuale si contano oltre 70 cosiddetti club".

Jürgen Braun
Sempre sul melo anche Jürgen Braun, variety management del KIKU. "Tutti questi club vogliono creare benefit per la filiera, vogliono rafforzare l'offerta, proponendo per definizione un prodotto di nicchia. Al centro delle attenzioni stanno il produttore e il consumatore, i key player della filiera: da una parte il produttore, per offrirgli una remunerazione più attrattiva rispetto alle varietà libere, e per incentivarlo a produrre costantemente qualità altissima. Tutto questo a beneficio del consumatore, il quale vuole anche essere corteggiato con un marchio attrattivo e pieno di contenuti autentici e validi. Subentrano dunque diversi concetti di promo-comunicazione, ma anche di commercializzazione stessa per tutti questi club". Jürgen Braun ha poi proposto due case study, del marchio KIKU per illustrare un "club light" oppure semi-libero, e la nuovissima Crimson Snow® come club vero o proprio oppure "Club tight".

Raffaele Testolin sul kiwi
Il secondo case history ha interessato la filiera del kiwi. A partire da Raffaele Testolin dell'Università degli Studi di Udine. "Le varietà di actinidia attualmente coltivate in Italia sono per gran parte gestite da editori (o club), mentre le varietà libere restano poche (Hayward, tra quelle a polpa verde, Jinfeng, tra quelle a polpa gialla, e poche altre). Tutte le varietà più recenti sono gestite da editori. L'editore prende in carico dal breeder la varietà e organizza l'intera filiera, dalla moltiplicazione delle piante alla vendita del prodotto, secondo un 'business plan' che, se ben progettato e controllato, garantisce un'adeguata remunerazione a tutti gli attori della filiera (o stakeholder, come si dice oggi).

Il prof. Raffaele Testolin dell'Università di Udine

Per il kiwi, che ha una lunga conservabilità frigorifera, è spesso richiesto all'editore l'organizzazione della produzione nei due emisferi, al fine di gestire il prodotto 12 mesi all'anno e dare continuità di offerta alla clientela internazionale. Se l'editore ha fatto un buon 'business plan' e lavora bene, tutto fila liscio; se l'editore non è in grado di fare con professionalità il proprio mestiere, sono danni per tutti, ma certamente il lancio di una nuova varietà richiede investimenti e professionalità, altrimenti il beneficio rischia di essere solo per i vivaisti".

Ugo Palara su Dulcis
E' intervenuto anche Ugo Palara, presidente New Plant. "Nell'articolato mondo dei club, New Plant, a nome e per conto della propria base sociale, fatta di grandi OP emiliano-romagnole, ha puntato su una nuova varietà di kiwi a polpa verde che non si contrappone alla classica Hayward, ma sta a significare il tentativo di aprire un nuovo segmento di mercato nel settore premium. Dulcis, questo il nome della nuova cv, è un prodotto innovativo, di alta qualità organolettica, a polpa verde, dolce-acidula, aromatica che nei primi test commerciali ha incontrato un grande favore da parte dei consumatori.

Ugo Palara

Dulcis® è un marchio di prodotto dietro al quale si collocano un rigido disciplinare di coltivazione, precisi standard qualitativi e una strutturazione di marketing e vendita coordinata e condivisa da Agrintesa, Apofruit e Orogel Fresco, unici licenziatari in Italia a poter produrre e vendere. Allo scopo è stata costituta la soc. Dulcis Kiwifruit Company. Tendiamo sempre a rimarcare che il progetto Dulcis è un progetto tutto italiano, frutto della partnership con istituti di ricerca nazionali, e tutto cooperativo, ovvero a vantaggio soprattutto dei frutticoltori".