Piacevole sorpresa il Marca 2024, con l'ortofrutta che si rende protagonista dell'evento grazie a presenze numerose, gradevolmente oltre le attese, ma soprattutto grazie all'organizzazione di eventi e momenti di confronto capaci di catalizzare l'attenzione di tutti gli operatori.
Un plauso a Salvo Garipoli e alla SGMarketing per le tavole rotonde proposte su vari temi con focus ortofrutta e principalmente per aver aggregato una platea numerosa, curiosa e interessata, cosa non scontata, ma neanche replicata in altri settori pur con valori commerciali ben più importanti.
Giancarlo Amitrano responsabile ufficio acquisti ortofrutta
catena Cedigros
Mi porto a casa, tra i tanti spunti, due argomenti che mi hanno ronzato nella testa per l'intero viaggio di ritorno. Il primo è l'ennesimo invito rivolto da Claudio Mazzini, Coop Italia, al mondo produttivo: "aggregazione".
Occorre aggregazione tra le realtà ortofrutticole per affrontare la sfida della continuità di fornitura, della costanza qualitativa, della correttezza del livellamento dei prezzi ed evitare che in futuro si ripetano le medesime difficoltà riscontrate nel 2023, anno buio in termini di performance per i ripetuti buchi produttivi e per i ripetuti momenti di tensione speculativa.
Voglio sottolineare come la necessità di aggregazione debba innanzitutto attecchire tra le aziende commerciali e le loro basi produttive, onde evitare che queste ultime continuino a non rispettare alla bisogna i vincoli di conferimento che dovrebbero caratterizzare il loro rapporto.
Il richiamo di Mazzini, a onor del vero, non è passato inosservato tra il pubblico presente, e tra i vari commenti non sottaciuti qualcuno ha obiettato: aggregazione sì, ma a cosa serve senza programmazione?
Che spesso si pecchi da parte della GDO nel non programmare adeguatamente i rapporti di fornitura è innegabile, ma anche la migliore delle programmazioni a nulla servirebbe se la produzione continuasse a sentirsi libera di non rispettare gli accordi di prelazione nel conferimento verso le organizzazione a cui fanno capo.
Il secondo aspetto su cui voglio soffermarmi è la necessità o meno di fare MDD nel segmento mele. Il dubbio deriva dal fatto che nella ricerca presentata da Garipoli risulta preponderante la valenza del brand tra i fattori ispiranti l'acquisto.
Se abbiamo una presenza di aziende/cooperative melicole che negli anni hanno costruito un brand riconosciuto e riconoscibile, che gestiscono con continuità e impegno azioni di marketing tese a sostenere e rafforzare tale leadership, che mettono a disposizione attività e materiali di vario tipo per comunicare tutti i temi possibili che arricchiscono la loro offerta, dalla sostenibilità all'aspetto salutistico passando per il gusto e la territorialità, ha senso offuscare tutto ciò per sovrapporre sul prodotto il marchio del distributore?
E se anche avesse senso, non sarebbe più concepibile limitare l'intervento alle linee convenience piuttosto che allargarlo anche alle mainstream?
Sinceramente non ho una risposta personale definitiva al dubbio di cui sopra, ma so per certo che nel segmento mele c'è stata nell'ultimo quinquennio un'evoluzione del marketing che mi ha piacevolmente sorpreso e affascinato. Pensare che si possa offuscare questa eccellenza con sovrapposizioni di brand non mi convince appieno.
Sarà che forse, nel campo MDD, troppo spesso leggo di commenti entusiastici tesi ad esaltarne le performance: ma siamo sicuri che sia così performante switchare i consumi da un prodotto all'altro, lasciando invariato o quasi il dato totale del venduto?
Chiudo con una provocazione: se domani annullassi tutte le referenze di frutta dagli ordini dei mercati e consegnassi solo banane potrei poi vantarmi di aver quintuplicato i volumi di venduto sulle banane stesse?
Non voglio proporre soluzioni, ma suscitare dubbi e profittevoli discussioni. A voi lettori la possibilità di alimentarle.
Giancarlo Amitrano
responsabile ufficio acquisti ortofrutta
catena Cedigros
(Rubrica num. 34)