Si chiama Si.Orto il progetto per ridurre l'uso di fertilizzanti chimici di sintesi e biuofumiganti, attraverso il sovescio e il compost di origine urbana. Il progetto è realizzato da Ri.Nova con il contributo di Astra Innovazione e Sviluppo.
"Il nostro obiettivo è ambizioso - spiega Maria Grazia Tommasini, responsabile delle produzioni integrate e biologiche di Ri.Nova -: ridurre l'inquinamento che deriva dai fertilizzanti e dai prodotti fitosanitari grazie all'utilizzo dei sovesci e del compost di origine naturale generato da rifiuti urbani. Per farlo, dobbiamo accrescere le nostre conoscenze sui principi attivi e sulle sostanze a basso impatto ambientale: le alternative non mancano ma vanno studiate una per una nei singoli dettagli".
"Ad oggi abbiamo concluso la valutazione dell'attività di difesa delle colture ortive fatta con prodotti a basso impatto ambientale e con tecniche agronomiche a base di micorrize e portinnesti tolleranti/resistenti, che verrà completata con una seconda fase entro fine anno. Inoltre stiamo seminando i sovesci che verranno interrati a inizio 2024. Infine dovremo valutare con attenzione la sostenibilità economica e ambientale di tali strategie".
Il progetto, che i due enti di ricerca stanno portando avanti insieme ad altre realtà come Dinamica, Terremerse e le aziende agricole Pra da Pò e Davide Zanellati terminerà nell'estate del 2024 e si concentra nei territori di Rimini, Cesena, Voltana (RA), Sant'Agata Bolognese e Mesola, nel ferrarese.
Ri.Nova e Astra hanno testato alcune difese a basso impatto ambientale, comprese quelle di natura biologica. Ma la ricerca non si è fermata qui: è andata oltre per valutare se i sovesci possano integrare o addirittura sostituire l'attività di biofumigazione e fertilizzazione.
"Tra i nostri obiettivi c'è quello di trovare alternative ad alcuni prodotti come l'1-3 dicloropropene, un prodotto molto efficace per la sanificazione dei terreni che l'Europa ha vietato a partire da maggio scorso - sottolinea Silvia Paolini, referente di Astra Innovazione e Sviluppo -. In Italia è ancora permesso in via eccezionale ma è possibile che ben presto venga bandito definitivamente per l'alto rischio di inquinamento connesso al suo utilizzo. I sovesci a prevalenza di brassicacee, che hanno un effetto fumigante, in questo caso potrebbero rivelarsi molto utili. Ma più in generale i sovesci hanno un grande potenziale sul fronte dell'aumento della sostanza organica che serve a nutrire le piante. Ne valuteremo questi effetti e la capacità di lottare contro determinati parassiti delle patate, i nematodi, negli areali del basso ferrarese".
Un altro campo sul quale si sta lavorando è quello della messa a punto di tecniche di fertilizzazione alternative all'utilizzo di concimi chimici di sintesi, attraverso l'utilizzo di un compost derivato dai rifiuti urbani in un contesto di economia circolare. L'indagine riguarda diversi aspetti: la qualità del prodotto, la sua adattabilità alla coltura e lo studio sullo stato di salute dei suoli tramite indicatori biologici, chimici e fisici in connessione con diversi tipi di gestione agronomica.
"Stiamo valutando l'esito di 4 cicli continui di coltivazione orticola in cui è stato distribuito compost da rifiuto urbano proveniente dagli impianti di compostaggio di Rimini, Forlì-Cesena, Voltana (RA) e Sant'Agata Bolognese - spiega Paolini -. Siamo partiti dalle zucchine, lo scorso giugno, per poi proseguire con il cavolo cappuccio, gli spinaci e la lattuga. In base alla loro efficienza nutrizionale e nutritiva potremo determinare quanto il compost possa essere efficace per sostituire i concimi, capire quali dosi servano per l'orticoltura specializzata ed eventualmente valutare la qualità del prodotto finale destinato a finire sulla tavola degli italiani, e non solo".
Un progetto di tale portata non poteva non prevedere il coinvolgimento di importanti realtà del territorio regionale. "Per generare il compost dai rifiuti urbani abbiamo attivato una collaborazione con Hera - conclude Tommasini - mentre la gestione del sovescio biocida è affidata a Zanellati e Pra da Pò, imprese di Mesola. Terremerse, invece, si occupa dell'indagine sui prodotti per la difesa delle piante contro i nematodi, come ad esempio il dicloropropene. Infine abbiamo attivato dei laboratori sull'agricoltura biologica in collaborazione con la cooperativa Eta Beta di Bologna, sostenitrice del progetto".