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L'ETS pone il porto di Gioia Tauro a rischio chiusura

"In futuro, gli armatori avranno tutto l'interesse a non fare più scalo nei porti europei"

Situato nel cuore del Mediterraneo, punto d’incontro fra le rotte marittime Est-Ovest e il corridoio 1 trans-europeo Helsinki - La Valletta, Gioia Tauro è il più grande terminal per il transhipment presente in Italia e uno dei più importanti hub del traffico container nel bacino del Mediterraneo.

Oggi però il rischio di chiusura aleggia a causa dell'ETS-Emission Trading System, un meccanismo per regolare le emissioni inquinanti. A partire da gennaio 2024, secondo la road map del progetto "Fit for 55" (che punta a ridurre le emissioni del 55% rispetto al 1990), questa tassa entrerà in vigore anche per il trasporto marittimo, incluso quello intercontinentale, e dovrà essere pagata dalle compagnie di navigazione per tutte le navi che abbiano una stazza lorda superiore alle 5.000 tonnellate.


(Fonte foto: portodigioiatauro.it)

"Ogni armatore pagherà una tassa relativa all'emissione di gas serra nel bacino del Mediterraneo, toccando i porti europei - ha dichiarato Andrea Agostinelli, presidente dell'Autorità portuale di Gioia Tauro, all'inviato della trasmissione televisiva Quarta Repubblica - L'Europa ha deciso di tassare gli armatori, perché li vuole spingere a modificare il sistema della navigazione e del trasporto. Ha però adottato una misura che discrimina i porti del Mediterraneo rispetto a quelli non europei".

Tutto ciò, infatti, potrebbe creare un vantaggio competitivo per i porti del Nord Africa. "In futuro, quindi, gli armatori avranno tutto l'interesse a non fare più scalo nei porti europei (oltre all'Italia, ci sono anche Grecia, Spagna e Malta ad esempio, ndr), bensì sulla sponda africana", ha continuato Agostinelli, il quale ha anche palesato un paradosso ambientale. "Le emissioni delle navi sono uguali che si registrino a Gioia Tauro o nei porti africani".

Rischio occupazionale nel porto di Gioia Tauro
"Parliamo di circa 1.500 lavoratori diretti delle linee terminalistiche e un indotto che supera le 3.500 unità - ha sottolineato Salvatore Larocca del sindacato Filt Cgil Calabria - Una norma del genere rischia di lasciare tante famiglie sul lastrico".

L'Europa rischia di essere autolesionista
L'armatore Guido Grimaldi ha sottolineato, durante la trasmissione televisiva Quarta Repubblica, come l'ETS rischia di creare una serie di concorrenze sleali e situazioni complicate. Grimaldi ha inoltre ricordato come questa tassa incida solo sul 7,5% delle emissioni globali. "Non si può pensare di ridurre le emissioni di CO2 a livello mondiale, se questa tassa lavora solo a livello regionale. Bisognerebbe istituire un fondo mondiale, nel quale tutte le navi versino una piccola tassa sui consumi prodotti, in modo da agire a livello planetario. Altrimenti l'Europa rischia di essere autolesionista, in quanto l'ETS andrà a impattare i cittadini e le imprese europee".

"Per 30 anni la Commissione europea e i governi hanno fatto il possibile per togliere dalle strade i camion e portarli sulle rotte marittime, le cosiddette autostrade del mare. Con questa tassa, che può valere da 5 a 15 milioni a nave, a seconda delle emissioni prodotte, si rischia un back shift modale. Un aggravio di tale entità non può essere sostenuto dal solo armatore: i consumatori finali, i viaggiatori e le merci a bordo delle navi, inevitabilmente, dovranno accollarsi parte di questa tassa. Si pensi, ad esempio, alle linee di cabotaggio insulare verso Sicilia e Sardegna", ha spiegato Grimaldi.