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Intervento dell'avvocato Roveda su come gestire le ondate di calore in campo e in magazzino

La manodopera è poca, ma quella che c'è va tutelata

Gli esperti avvisano che, nei prossimi giorni, molti record relativi alle temperature massime del mese di giugno potrebbero essere battuti. In alcune aree interne delle regioni meridionali, in particolare nel foggiano, si potrà arrivare a registrare anche punte di 43 gradi. E un'ordinanza della regione Puglia ha appena stabilito il divieto di lavoro nei campi dalle 12:30 alle 16.

Caronte e altri anticicloni africani, che fino a 20-30 anni fa rappresentavano un'eccezione per le nostre aree, dominate dall'anticiclone delle Azzorre, arrivano con sempre maggiore frequenza e rimangono stazionari per molto tempo. 

L'Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), il più importante organismo internazionale per la valutazione dei cambiamenti climatici, nel suo recente Report 2022 evidenzia i diversi rischi connessi al fenomeno, tra i quali quelli di rilievo per la produzione agricola, per la scarsità di risorse idriche e per l'intensità e frequenza delle inondazioni.

In questo contesto, è di particolare rilevanza l'impatto dello stress termico sulla salute e sicurezza dei lavoratori agricoli. Gli imprenditori che hanno manodopera all'attivo devono prestare molta attenzione, sia per se stessi, sia per i loro dipendenti. Approfondiamo la questione con l'avvocato Gualtiero Roveda, consulente di Fruitimprese (foto sopra).

"L'incremento della temperatura media - esordisce Roveda - della frequenza e intensità delle ondate di calore determina un aumento del rischio di infortuni sul lavoro. I datori di lavoro devono prendere particolari contromisure. Il Testo Unico sulla salute e sicurezza dei lavoratori (D.lgs. 81/2008) prevede, tra gli obblighi del datore di lavoro, quello di valutare "tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori", compresi quelli riguardanti "gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari" e quindi anche quello derivante dai danni da calore. Le aziende interessate alla questione devono, pertanto, effettuare una specifica "valutazione del rischio".

In agricoltura, gli operatori che lavorano all'aperto o nelle serre sono particolarmente esposti al problema. In particolare, ciò avviene quando vi è esposizione diretta al sole, scarso consumo di liquidi o impossibilità di procurarsi da bere, lavoro fisico pesante, ritmo di lavoro intenso, pause di recupero insufficienti, abbigliamento protettivo pesante o equipaggiamento ingombrante".

Sono noti gli effetti del surriscaldamento e della disidratazione e di come influiscono sull'andamento infortunistico: l'esposizione a elevate temperature può comportare la riduzione della capacità di rispondere agli stimoli e ai pericoli imprevisti; un aumento della disattenzione e della deconcentrazione e, conseguentemente, del rischio di incidenti.

"Se la temperatura all'ombra supera i 30°C – aggiunge Roveda - e l'umidità relativa è superiore al 70% esiste il rischio concreto di un colpo di calore".

"Temperature superiori a 35°C con umidità all'80% rappresentano situazioni di rischio elevato. È necessario, pertanto, monitorare la temperatura. Quando si prevede caldo intenso, è necessario verificare, ogni giorno, le previsioni e le condizioni meteorologiche. Bisogna valutare almeno due parametri che si possono rilevare con la lettura di un termometro e di un igrometro: la temperatura dell'aria e l'umidità relativa. Per accertare il grado di rischio cui i lavoratori sono esposti è possibile utilizzare l'indice di calore dell'Istituto Nazionale Francese per la Ricerca sulla Sicurezza, calcolandolo su un'apposita tabella, facilmente rinvenibile su internet". 

Vi sono ulteriori azioni che sono a carico del datore di lavoro. "In generale, questi è tenuto a informare compiutamente i lavoratori sui possibili problemi di salute causati dal calore, perché possano riconoscerli e difendersi, senza sottovalutare il rischio. È, altresì, tenuto a seguire le prescrizioni e le limitazioni del Medico competente che ha effettuato la sorveglianza sanitaria, in relazione all'idoneità sul rischio specifico". 

Il datore di lavoro, inoltre, è tenuto, ogni giorno, a:
- misurare la temperatura dell'aria e l'umidità relativa e informare i lavoratori sul rischio;
- programmare i lavori di maggior fatica fisica in orari con temperature più favorevoli, preferendo l'orario mattutino e preserale;
- programmare in modo che si lavori sempre nelle zone meno esposte al sole;
- effettuare una rotazione nel turno fra i lavoratori esposti;
- evitare lavori isolati, permettendo un reciproco controllo;
- far usare abiti leggeri di colore chiaro, in tessuto traspirante, e copricapo;
- prevedere pause durante il turno lavorativo in un luogo fresco, con durata variabile in rapporto al clima e alla attività fisica del lavoro; 
- verificare che i lavoratori seguano le prescrizioni, non lasciando alla loro libera decisione il rispettarle o meno (per es.: quando ti senti stanco, fermati pure);
- fare in modo che possano rinfrescarsi;
- fornire ai lavoratori acqua fresca (non ghiacciata) e sali minerali per recuperare i liquidi;
- vietare tassativamente l'assunzione di alcolici;
- invitare a evitare il fumo di tabacco;
- suggerire pasti leggeri, privilegiando pasta, frutta, verdura, limitando carni e insaccati.

"E, ovviamente - conclude Roveda - è opportuno conservare traccia documentale delle attività effettuate".