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Mosche tropicali della frutta: specie invasive su cui non bisogna abbassare la guardia

Il clima della maggior parte del Mediterraneo, del resto del territorio Ue e dell'America centro-settentrionale non si presenta attualmente adatto all'insediamento delle mosche tropicali della frutta, anche se la loro distribuzione geografica potenziale varia in maniera significativa. Ma questo può bastare a lasciarci tranquilli? Ne abbiamo parlato con Luigi Ponti, del Laboratorio Sostenibilità, qualità e sicurezza delle produzioni agroalimentari di Enea, il quale ha partecipato a una ricerca internazionale, condotta da istituzioni di quattro continenti, circa gli effetti che il cambiamento climatico ha sull'invasività di questi insetti. 

"A causa dei cambiamenti climatici - ha spiegato Ponti, coautore dello studio (qui in foto) - l'idoneità ad un insediamento di questi parassiti aumenterà in maniera diversa a seconda della specie e le probabilità di una loro maggiore invasività sono rese più elevate anche a causa della globalizzazione. Si tratta di informazioni finora non disponibili e che costituivano, al più, semplici ipotesi. Per la realizzazione della ricerca sono stati impiegati modelli che, per la prima volta, hanno descritto e simulato in maniera dettagliata la biologia di ciascuna di quattro importanti specie tropicali di mosche della frutta appartenenti alla famiglia dei Tefritidi, consentendo così di prevedere come queste specie siano diverse tra loro in termini di distribuzione geografica e di potenziale invasivo. Per la prima volta, siamo riusciti a simulare fisiologia e dinamica di popolazione di questi quattro insetti in relazione alle condizioni meteorologiche e agli scenari di cambiamento climatico, con risoluzioni mai raggiunte prima: spaziale di 25-30 km e temporale giornaliera".

"Tra gli insetti rilevati in America e nel territorio dell'Unione europea - ha proseguito il ricercatore - le mosche della frutta sono considerate tra le specie invasive con il maggiore impatto economico in agricoltura. In California, ad esempio, il danno subito finora dal settore ortofrutticolo ammonta a circa 25 miliardi di dollari, senza contare i costi sostenuti per i programmi di quarantena o di eradicazione di questi insetti che, in media, si aggirano intorno ai 30 milioni di dollari ciascuno, ma che possono raggiungere anche i 100 milioni, come è già accaduto in questo Stato tra il 1980 e il 1981. Ai costi elevati, si affianca sempre più di frequente un'efficacia limitata di questi interventi, perché vengono condotti senza una solida base scientifica che permetterebbe invece una migliore comprensione della minaccia reale e potenziale rappresentata da questi insetti".

Perché è necessario prevedere questi fenomeni?
"La capacità di prevedere l'evoluzione delle aree favorevoli allo sviluppo delle mosche tropicali della frutta in base a scenari di cambiamento climatico è fondamentale - ha risposto l'esperto - Tanto che alcune delle specie che abbiamo studiato sono già incluse nella lista recentemente stilata dall'Autorità europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA), che comprende i 20 organismi da quarantena classificati al vertice delle priorità per gli Stati membri della Unione europea in base ai problemi economici, sociali e ambientali che possono causare. Le specie oggetto dell'indagine rappresentano una gravissima minaccia per un settore strategico quale l'ortofrutticoltura mediterranea, in particolare per le colture frutticole perenni come le drupacee (ad esempio pesco e susino), le pomacee (ad esempio melo e pero) e gli agrumi, ma anche per le coltivazioni orticole annuali come ad esempio il melone, il cetriolo e il pomodoro".

La biologia delle mosche tropicali della frutta è simile in apparenza, ma in realtà – come evidenziato dallo studio – varia abbastanza da determinare risposte differenti alle condizioni meteorologiche, oltre che agli ospiti. E sono proprio tali differenze a determinare il loro potenziale di distribuzione geografica e di abbondanza della popolazione. La temperatura è la principale variabile guida, con l'umidità relativa che influisce anche sulla sopravvivenza e sulla riproduzione negli adulti.

Mosca della frutta. Clicca qui per accedere alla pubblicazione dello studio.

"Grazie ai modelli matematici che utilizziamo, siamo in grado di stimare proprio gli effetti di temperatura e umidità sui tassi di sviluppo e di mortalità in tutti gli stadi (uovo, larva, pupa e adulto) e sulla loro riproduzione, utilizzando lo stesso modello concettuale di base, che facilita e rende più efficiente identificazione e raccolta dei dati biologici necessari alla valutazione del rischio da specie invasive - ha sottolineato il ricercatore - Si tratta di una tecnologia resa disponibile grazie a una lunga collaborazione tra Enea e il laboratorio del Prof. Andrew Paul Gutierrez dell'Università della California a Berkeley. Tecnologia che, proiettando la biologia stessa di questi insetti nel clima futuro, consente sia una maggiore affidabilità dei risultati rispetto alla correlazione statistica tra la presenza di una specie e il clima osservato in una certa località (il metodo più usato per stimare il rischio da specie invasive), sia la possibilità di valutare anche eventuali strategie di controllo ed eradicazione a livello territoriale.

Perché in sud Italia e in Sicilia bisogna tenere alta l'attenzione?
"Il bacino del Mediterraneo, dunque Italia compresa - ha risposto ancora Ponti - è una tra le regioni del nostro Pianeta più soggette a cambiamenti climatici e, di conseguenza, all'insediamento e alla diffusione di insetti esotici dannosi, a causa dell'aumento della temperatura che rende il clima mediterraneo più simile a quelli tropicali. Stimare distribuzione geografica e abbondanza delle specie invasive è fondamentale per approntare politiche utili alla loro gestione. Ecco, quindi, che la necessità di ottenere tali stime è aumentata sensibilmente in questi Paesi".

"Per quanto riguarda la mosca mediterranea della frutta e la mosca del melone, lo studio internazionale prevede una maggiore diffusione in Egitto e nel Delta del Nilo, anche se, per quest'ultima specie, la maggior parte della regione euro-mediterranea potrebbe risultare sfavorevole per il previsto calo delle precipitazioni, fino al 40% in alcune aree del Mediterraneo, poiché i livelli di umidità influiscono sulla sua riproduzione. Oltre al Delta del Nilo, per la mosca orientale della frutta si prevede una maggiore diffusione anche nell'area sudoccidentale della Spagna e in Israele. La mosca messicana della frutta avrà, invece, una presenza potenziale più massiccia in Marocco, nelle coste del Nord Africa, nel sud Portogallo e della Spagna, ma anche in alcune aree della Sicilia e del sud Italia e a Creta".

Sopra: Tuta absoluta su foglia di pomodoro

"Le specie invasive causano ogni anno, a livello mondiale, danni economici circa dieci volte superiori a quelli dovuti ai disastri naturali - ha concluso Luigi Ponti - e il loro numero è destinato ad aumentare a causa della duplice azione di clima e globalizzazione; ne sono un esempio le numerose specie di insetti tropicali dannosi di recente insediamento nel bacino del Mediterraneo, come la tignola del pomodoro (Tuta absoluta), specie subtropicale di origine sudamericana, giunta in Spagna nel 2006, già resistente alla maggior parte degli insetticidi in commercio e che in pochi anni ha percorso circa 4mila km, raggiungendo ogni angolo del bacino del Mediterraneo".

Per maggiori informazioni:
Luigi Ponti
ENEA - Laboratorio Sostenibilità,
Qualità e Sicurezza delle
Produzioni Agroalimentari
luigi.ponti@enea.it