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A cura di Anna Parello

Sostenibilità e CSR: la declinazione sociale in ortofrutta

L'ultimo progetto lanciato da Lidl Italia si chiama "Lidl per il domani", è pensato per i figli dei dipendenti, il budget stanziato è di 450 mila euro e si compone di tre iniziative: 1) borse di studio per i figli più meritevoli; 2) consegna di supporti informatici ai figli dei collaboratori per sostenerne il percorso di istruzione; 3) percorso formativo ed esperienziale per aiutare i neo diplomati e neo laureati a fare scelte consapevoli e affacciarsi in maniera efficace al mondo del lavoro.

In un post Linkedin Lidl Italia dichiara: "Nel contesto socio-economico attuale, gli interrogativi sul domani dei più giovani sono tanti e come azienda responsabile nei confronti delle nostre persone ci impegniamo a beneficio dei figli dei nostri collaboratori".

Prendo spunto da questa notizia per riflettere con i lettori su quanto l'attenzione al sociale, inteso come benessere dei propri lavoratori, diventi sempre più importante e strategica. 

Come addetti ai lavori e come consumatori siamo bombardati dal termine sostenibilità. Nel settore ortofrutticolo sicuramente la declinazione più frequente è quella ambientale, ma la sostenibilità come ben sappiamo ha tre volti: ambientale, sociale ed economico. Quello sociale viene spesso tradotto in iniziative charity, di cui abbondano esempi tra produttori e mercati ortofrutticoli, oltre che insegne della distribuzione moderna, iniziative moltiplicatesi anche in risposta alla crisi pandemica.

Minor attenzione si è invece data sinora al bene più prezioso di un'impresa: la sua forza lavoro. Con poche eccezioni, tra cui ad esempio la recente ristrutturazione di un magazzino di lavorazione della Cooperativa Mivor di VIP, che ha garantito postazioni ergonomiche per i suoi addetti al confezionamento, NoCap-Iamme, il primo marchio etico in ortofrutta contro il caporalato che vede insieme il gruppo Megamark e una trentina di produttori agricoli, l'iniziativa lanciata dalla Donne dell'Ortofrutta coordinamento regionale Puglia, che con "Cibaria 2021 – il cibo come tutela" punta i fari sul rapporto alimentazione-salute-welfare aziendale. 

Negli ultimi anni il settore ortofrutticolo si è affacciato alla Corporate Social Responsibility (CSR), ovvero Responsabilità Sociale d'Impresa, esempio ne è la partecipazione di aziende come Melinda, Fruttagel o Citrus - L'orto italiano al "Salone della CSR e dell'innovazione sociale", il più importante evento in Italia dedicato alla sostenibilità in tutte le sue forme, nato nel 2013. CSR e sostenibilità sono infatti strettamente legate, la crescita dell'attenzione al CSR è conseguenza diretta dell'avanzare del tema della sostenibilità e delle richieste che anche al settore ortofrutticolo vengono fatte dalla politica europea.

Pensiamo all'Agenda delle Nazioni Unite per il 2030, che vede 17 Obiettivi per lo sviluppo sostenibile, obiettivi che trattano la sostenibilità a 360°, comprendendo aspetti ambientali, sociali ed economici, o al New Green Deal, roadmap per rendere l'economia dell'Unione Europea totalmente sostenibile entro il 2050, di cui fa parte la strategia Farm to Fork. 

La Corporate Social Responsibility o Responsabilità Sociale d'Impresa è il senso di responsabilità - ecologica e sociale - che si assume un'azienda nei confronti della comunità e dell'ambiente in cui opera. Secondo la Comunicazione UE n. 681 del 2011, la CSR è un'opportunità per generare valore condiviso e contribuire al benessere della società. Si può definire come "integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate, tesa a restituire alla società e al contesto in cui operano, seppure in forma diversa, quelle risorse che sfruttano per portare avanti la loro attività".

Con l'adozione della CSR cambia il modello di business delle aziende, che scelgono di destinare parte delle proprie risorse anche a vantaggio della comunità. La CSR infatti deve essere parte integrante della strategia aziendale, vuol dire adottare una politica che realmente concili obiettivi economici con obiettivi di natura sociale e ambientale. E' una attitudine, un approccio continuativo, volontario, che va oltre gli obblighi legislativi, capace di apportare benefici all'azienda stessa e alla comunità / ambiente in cui questa opera. 

L'adozione di iniziative CSR ha un costo, ma anche indubbi vantaggi:

- reputazione aziendale;
- fiducia dei clienti;
- impatti positivi sulle vendite, come conseguenza dell'aumentato l'interesse degli acquirenti;
- incremento della produttività e del senso di appartenenza dei dipendenti.

Secondo recenti studi, infatti, le persone, specie i più giovani, quando scelgono un brand o un'azienda, sempre più si stanno orientando a scegliere chi si impegna nella responsabilità sociale, perché è ormai diffusa l'idea che anche le aziende e i brand siano responsabili dell'ambiente e del cambiamento sociale con le loro convinzioni e azioni. E scegliendo un prodotto o un servizio di un'azienda socialmente responsabile, le persone sentono di avere una parte attiva, di contribuire anche loro a migliorare il mondo.

Tra le varie forme di CSR rientrano le politiche aziendali a beneficio dei dipendenti / collaboratori, con riferimento a salute e sicurezza sul luogo di lavoro, rispetto dei diritti umani, miglioramento del rapporto tra lavoro e vita privata.

Considerando in ortofrutta l'alta presenza di lavoratrici donne e di lavoratori stranieri e la pesantezza di taluni lavori in campo e in magazzino, quanto si potrebbe fare per migliorare le condizioni di vita dei propri collaboratori, la loro serenità e dunque anche la loro produttività?

Comunicarlo è il tassello finale del percorso della CSR. La comunicazione è infatti insita nella CSR, che vuol dire rendere conto agli stakeholders interni ed esterni delle proprie azioni e dei propri obiettivi in modo trasparente e completo, valutando gli impatti sociali generati dalle proprie azioni. Le aziende non devono vergognarsi di comunicare i propri programmi e i propri risultati (e anche le criticità!) e non devono sottovalutare l'importanza della condivisione pubblica, anche per diffondere la cultura della sostenibilità e per stimolare altre imprese a intraprendere analoghe attività, contraddistinte dall'essere volontarie e di pubblica utilità.

Contatti:
Anna Parello
Consulente di marketing e comunicazione per l'ortofrutta
annaparello@gmail.com

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Un po' di storia: di CSR sì è iniziato a parlare negli anni '50. E' del 1984 una delle più famose definizioni di CSR, formulata da R. Edward Freeman nel saggio "Strategic Management: a stakeholders approach", secondo la quale essa riguarda "l'integrazione di preoccupazioni di natura etica all'interno della visione strategica d'impresa: è una manifestazione delle grandi, medie e piccole imprese di gestire efficacemente le problematiche d'impatto sociale ed etico al loro interno e nell'ambiente circostante".

La Responsabilità Sociale d'Impresa ha avuto una tale risonanza da coinvolgere anche la Commissione Europea, che nel 2001 l'ha definita come "l'integrazione volontaria da parte delle aziende di preoccupazioni di natura sociale e ambientale nelle loro operazioni commerciali e nelle relazioni con gli stakeholders".

Dal 1° gennaio 2017 le aziende con oltre 500 dipendenti, con oltre 20 milioni di euro di utile o oltre 40 milioni di euro di ricavi netti e gli enti di interesse pubblico sono tenute a rendere pubbliche, oltre alle informazioni finanziarie, anche quelle relative a ambiente, politiche sociali, diritti umani, con il bilancio di sostenibilità.

Data di pubblicazione: