Sì al libero commercio, ma non allo spacciare pesche e nettarine estere per italiane. Lo dice a FreshPlaza un importante produttore frutticolo (oltre 30 ettari) della provincia di Ravenna. "Tutti gli anni, il mondo agricolo e i sindacati alzano la voce, affinché si aumentino i controlli - dice - sulla merce che viene dall'estero. Credo che dovrebbe valere anche nel 2020, ma ho il sospetto che qualcuno stia zitto perché, mancando il prodotto, si acquista qualsiasi provenienza e si appongono altre etichette".
Ma non solo: il produttore mette in guardia gli agricoltori circa i prezzi. "Quest'anno, i frutticoltori hanno in pugno i commercianti, (quelli improvvisati, ndr), perciò non fatevi abbindolare e chiedete quanto vi spetta. Ad esempio, due giorni fa mi è stato chiesto da un bagarino di vendergli le mie pesche in bins a 1,35 euro/kg, e si tratta di un prodotto con buon calibro medio, per il periodo. So per certo, perché lo ha fatto con altri, che lui le rivende a un confezionatore a 1,55, quindi ci guadagna 20 centesimi al kg per una telefonata. Ma so anche di commercianti che hanno comprato a 1 euro, lucrandoci 50 centesimi per sé. Questo non è giusto. In un'annata come questa, siamo noi produttori a dover decidere il prezzo".
E, tornando alla questione della frutta estera etichettata come italiana, il produttore chiede "a gran voce controlli, ma direttamente nelle nostre aziende agricole, perché i furbi sono ovunque, anche fra noi produttori che lavoriamo la frutta a casa nostra. Chiedo venga fatto l'incrocio fra fatturato di vendita e fatturato in acquisto degli agricoltori e verifiche a casa di tutti i confezionatori censiti nel registro BNDOO, con verifica della provenienza del prodotto. Serve trasparenza: solo così possiamo alzare la voce nelle annate normali, in cui gridiamo alla scandalo per la concorrenza di altre nazioni. Dobbiamo smetterla con il populismo agricolo".