Si parla tanto di residuo zero, però in pochi entrano nel dettaglio su come ottenerlo e portarlo avanti. Giuliano Donati, tecnico della OP Granfrutta Zani, esprime una certa perplessità rispetto a quanti ultimamente ne parlano con estrema disinvoltura.
"Il Residuo zero non deve essere una moda. Servono serietà e, alle spalle, una specifica progettualità. Occorrono prove sperimentali e coordinamento scientifico. Resto perplesso quando leggo di Residuo zero che nasce da un giorno all'altro: non basta rivolgersi a un buon laboratorio di analisi, ma servono disciplinari e un solido progetto alle spalle".
Giuliano Donati
Donati afferma che occorre fare informazione, oltre a dei distinguo: "Chi ha un minimo di dimestichezza con la materia sa che un conto è fare, o provare a fare, residuo zero con una varietà precocissima, mentre tutt'altro è ottenerlo con varietà tardive, magari in un'annata piovosa. Può essere più facile per alcune orticole, ma di certo non è semplice con un pereto sotto attacco da cimice, ad esempio. Questo per dire che l'argomento è ampio e va affrontato con metodo scientifico, non per sfruttare un'emozione cercando di vendere di più. Ho letto troppi 'secondo me' e questa è una frase che si scontra con il metodo scientifico".
Il timore di Donati è che qualcuno si "impossessi" del residuo zero per poi imporlo ai produttori, senza che a questi ultimi arrivi il giusto riconoscimento economico. "Non commettiamo lo stesso errore della lotta integrata - aggiunge - che non siamo stati in grado di comunicare e che è diventata un pre-requisito senza alcuna valorizzazione".
"Invece, la lotta integrata effettuata secondo disciplinari che sono ancor più restrittivi della legislazione dà garanzie di salubrità e rispetto ambientale. Purtroppo, il mondo agricolo fin da subito non lo ha comunicato e altri lo hanno fatto al posto suo".
Secondo Donati, il residuo zero va progettato fin dalla scelta varietale, dal tipo di impianto e dal metodo di conduzione agronomica. Non è possibile farlo in quantità elevate dall'oggi al domani. "Serve un coordinamento - conclude il tecnico - che possa portare avanti una progettualità alla luce di sperimentazioni e il Crpv potrebbe esserne il capofila. E tutte le OP e le aziende dovrebbero essere unite per rendere redditizio, come sistema ortofrutticolo, questo valore aggiunto al fine di ottenere una equa remunerazione. Ma deve essere una scelta in mano all'agricoltore, e non un'imposizione da parte di terzi".