Torniamo a parlare dell'emergenza ToBRFV, che sta interessando anche il territorio italiano. Nel corso di un'intervista a Cristiano Guerresi, direttore generale di HM.CLAUSE Italia, sono emersi alcuni punti focali che, come vedremo, necessitano di una presa di coscienza da parte di tutta la filiera del pomodoro.
Origine e velocità di trasmissione
La gravità della patologia deve essere ben compresa, accettata e fatta propria – ha esordito Guerresi - si tratta di un virus che, laddove è già arrivato, ha veramente modificato il panorama della produzione del pomodoro. Israele è diventato un Paese importatore, mentre prima era esportatore ed è stato il primo posto in cui la patologia è stata riferita nel 2014, anche se la bibliografia riporta come momento di definizione della patologia il 2015, in Giordania".
"Quando la fitopatologia è arrivata sul Mar Morto - ha aggiunto - in una zona a 280 metri sotto il livello del mare, in un'areale di 50 km per 15, nell'arco di 3 mesi ha colpito praticamente il 100% della produzione. In quell'area densa di coltivazioni, la curva di evoluzione della patologia, a causa dell'estrema facilità di trasmissione, è stata velocissima e molto intensa. Sempre in Giordania c'è stato un trasferimento della patologia nelle coltivazioni secondarie per i cicli estivi, a circa 80 km di distanza dall'area precedente, dovuta ai flussi migratori della manovalanza nelle serre, che è stata involontario veicolo di trasmissione tra le varie aree".
Diffusione nel mondo
Il virus è presente anche in Messico, dove lo schema dell'infezione è stato identico, anche a causa della bassa reattività nel prendere contromisure, il che ha ingenerato una larghissima diffusione della patologia.
Il ToBRFV è stato dichiarato come presente anche negli Stati Uniti d'America, limitatamente alla California; vi è anche un caso in Germania, dove attualmente la patologia è dichiarata in corso di eradicazione. Poi ci sono dei sospetti su altri Paesi, ma non ancora perfettamente identificati. La patologia si trasmette per via meccanica: è questa la cosa più importante da capire. L'uomo, dunque, è il principale vettore.
Il distinguo della Sicilia, ma il tempo stringe
"Se del personale, per esempio, si sposta tra diverse aziende - chiarisce l'esperto - tendenzialmente c'è il rischio della contaminazione della patologia da un'azienda all'altra. Certo, nel caso della Sicilia, fortunatamente, i movimenti di personale tra aziende sono abbastanza limitati e questo dà la speranza che, se gli operatori lavorano in maniera corretta, soprattutto nei 2-3 mesi a venire quando le serre sono vuote, il problema potrebbe anche essere controllabile".
"Se in questo periodo si seguono le buone pratiche di pulizia, di igiene e disinfezione e se si riesce a partire con il nuovo ciclo in una condizione di sanità e di protezione dell'azienda, allora c'è un buon margine di riuscire per bloccare la trasmissione del virus. Le aziende, al loro interno devono rimanere sane ed evitare, con le corrette misure, di far entrare la patologia. Se si ragiona con questa mentalità, allora ci si riesce".
Videointervista a Cristiano Guerresi:
Dare la corretta percezione di sicurezza ai mercati
Sbagliatissimo sarebbe trasferire la sensazione ai mercati e a tutta la filiera - conclude Guerresi - che gli operatori direttamente coinvolti non sono più che attivi nel contrasto della patologia. Gli organi competenti devono fare e stanno facendo la loro parte; a tutti noi la responsabilità di essere attori in prima linea".
"Ed è a questo che HM.CLAUSE mira, nella creazione di una coscienza diffusa, a trasferire buone pratiche che coinvolgano tutti coloro che decidono di operare nell'eccellenza e nella salvaguardia di un bene comune così importante: il pomodoro da mensa, strategico per questa regione e per tutto il comparto agroalimentare nazionale. Le aziende siciliane non devono sentirsi sole: devono sapere che la patologia può essere contrastata e che si possono rivolgere ad aziende come HM.CLAUSE per la gestione di una buona profilassi".
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