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La produzione e' calata dell'11%. Qualita' al top e ripresa dei consumi

Pere italiane: prezzi di vendita superiori del 15%, ma occhio ai facili entusiasmi

L'appuntamento sulla pericoltura a Galliera (cfr. FreshPlaza del 15/12/2016) ha costituito anche l'occasione per presentare i dati del CSO – Centro Servizi Ortofrutticoli relativi alla produzione di pere di quest'anno e per fare un primissimo bilancio di questa campagna 2016/17.

I dati dei volumi relativi all'Italia sono consuntivi, cioè basati su cifre certe, a differenza invece delle rilevazioni europee che, per quanto attendibili con uno scarto di pochissimi punti percentuali, sono ancora delle previsioni. Per questi ultimi, dettagli più precisi dovrebbero pervenire da parte del WAPA (Associazione mondiale pomacee), nel giro di pochi giorni.



Ma vediamo un po' più nel dettaglio delle cifre presentate a Galliera (BO) da Elisa Macchi, direttore del CSO. Per questa stagione, la produzione si è attestata sulle 681.308 ton, contro le 764.001 dell'anno scorso. Si conferma così il calo annunciato da più parti, che si attesta sul -11% rispetto al 2015 e sullo stesso valore rispetto alla media produttiva del triennio 2011/14.

Dal 2011 a oggi, questa è la seconda campagna con la più bassa produzione in termini di volumi. Sul fronte varietale tutte le principali cultivar registrano un calo: Abate Fetel -11%; Williams -7%; Conference -14%; Kaiser -19%; Coscia -14%; Decana -22%. Le uniche a registrare un aumento della produzione sono state Carmen e Max Red Bartlett, rispettivamente con un +10 e +6%.


Le produzioni in ton (nel 2015 e 2015) delle principali 6 varietà italiane e delle uniche due che quest'anno hanno registrato un aumento dei volumi. Clicca qui per consultare il grafico a dimensioni maggiori. (Grafico rielaborazione FreshPlaza su dati CSO)

Com'era naturale che fosse, trattandosi di gran lunga della principale regione produttiva di pere italiana, la flessione nazionale è trainata dalla performance registrata in Emilia-Romagna, tant'è che a livello numerico i cali differiscono di appena un paio di punti percentuali.

In questa stagione la produzione emiliano-romagnola è stata di 457.392 tonnellate, alias il 67% dell'intera produzione italiana, il che equivale a dire che 2 pere italiane su 3 sono prodotte in Emilia-Romagna; peraltro per la maggior parte in un'area molto definita, in un raggio di appena un centinaio di chilometri. Il dato di quest'anno è dell'11% inferiore rispetto alle 514.844 tonnellate prodotte l'anno scorso e del 10% inferiore alla media produttiva del periodo 2011/14. Come a livello nazionale, anche in questo caso sono in flessione tutte le varietà di punta: Abate Fetel -10%; Williams -9%; Conference -17%; Kaiser -21%; Decana -23%.

Anche tutte le altre regioni produttive italiane hanno registrato un calo produttivo: Veneto -12%; Lombardia e Piemonte -6% ciascuna; Friuli Venezia Giulia -13%. In diminuzione anche le regioni del Sud Italia, dove praticamente si coltiva solo pera Coscia: -21%.

Dati alla mano, quella che sembra essere aumentata è la qualità delle pere. Dai dati del CSO presentati a Galliera (BO) emerge infatti che, se nella passata campagna la percentuale di pere Abate di I qualità (quindi 65+) si attestava sul 59% del totale della produzione, quest'anno siamo al 64%, peraltro con un'abbondanza di 75+: praticamente ogni 100 pere di I qualità, 40 sono di questa pezzatura.


L'incidenza dei vari calibri nelle pere Abate di I qualità, in questa (anello esterno) e nella passata (anello interno) campagna. Clicca qui per consultare il grafico a dimensioni maggiori. (Grafico rielaborazione FreshPlaza su dati CSO)

Rispetto all'anno scorso è da segnalare, a parità di data di riferimento, un aumento del decumulo delle diverse varietà di pere, come si nota dal grafico sotto. Parallelamente, il CSO segnala buone nuove sul fronte dei consumi, in ripresa da un paio di anni, e che per quest'anno (nel periodo da gennaio a ottobre) si attestano su un +6,5% rispetto allo stesso periodo dell'anno sorso; questo a fronte di prezzi di vendita al consumatore stazionari, segno che probabilmente non è l'elemento prezzo la causa di quest'aumento.


La percentuale di decumulo al 30 novembre del 2015 e nel 2016, per varietà. Clicca qui per consultare il grafico a dimensioni maggiori. (Grafico rielaborazione FreshPlaza su dati CSO)

Tutto questo, produzione minore, aumento del decumulo, aumento dei consumi, si riflette inevitabilmente sulle quotazioni in campagna e il CSO, riprendendo i dati delle Camere di Commercio, segnala quotazioni di vendita delle prime Abate Fetel superiori del 15% rispetto all'anno scorso. Tutto bene quindi? Ni, perché questi sono i prezzi di vendita ma, per quanto positivi, va ricordato che non solo i conti si fanno alla fine ma che pure, oltre a questo dato, ne vanno tenuti in considerazione anche altri: per esempio quant'è stato prodotto e venduto e soprattutto quant'è costato produrre.

Al riguardo particolarmente scettico è Luca Granata, direttore generale di Opera, che all'appuntamento di Galliera spiega che "nonostante il calo produttivo e l'aumento dei prezzi il saldo (per il comparto produttivo) è comunque negativo. Quest'anno abbiamo un prodotto che rivedremo tra 20 anni: qualità meravigliosa, raccolta fatta bene, calibri perfetti e diffusi. In queste condizioni sarebbe uno scherzo avere quei 20 eurocent/kg in più che ci servirebbero, ma non ci arriveremo perché l'unico modo per averli è prenderli dalle tasche di chi compra, ma lui può comprare da altri, che così fanno il prezzo", denunciando nuovamente l'eccessiva frammentazione del settore e rilanciando il primo tema di Opera: l'invito all'aggregazione (cfr. FreshPlaza del 17/02/2016).